Spesso, per rimproverare i bambini, li si schernisce con frasi tipo “Svegliati”, “Sei addormentato”, “Ti comporti male”, “Io alla tua età facevo già…” o, ancora peggio, si fanno paragoni con altri coetanei.
Molti genitori pensano che facendo così daranno una “spronata” al bambino o al ragazzo e lo motiveranno a fare di più, a migliorare, a capire le aree in cui è più fragile. In realtà spronare i bambini e i ragazzi umiliandoli, facendo paragoni o sottolineando i loro difetti, sarà solo una grande minaccia alla loro autostima.
Può darsi che, dopo aver sentito parole di scherno, i soggetti coinvolti provino veramente, e riescano, a colmare quelle lacune o a migliorare quell’area di debolezza. Questo ci farà pensare che le nostre parole siano state utili: in realtà, ottenere risultati compromettendo l’autostima e facendo sentire inadeguati bambini e ragazzi, non è mai positivo.
Genitori e insegnanti che agiscono in questa maniera non lo fanno assolutamente con l’intenzione consapevole e volontaria di ferire o umiliare, ma semplicemente perché il nostro cervello è programmato per individuare le cose negative per cercare di correggerle (negativity bias).
Gli studi in questo campo, volti a dimostrare che lodi, complimenti e incoraggiamenti sono più efficaci di rimproverare, sono ancora troppo pochi ma stanno dimostrando che la teoria secondo la quale si ottengono maggiori benefici dall’incoraggiamento e molti meno dal rimprovero è plausibile.
Un articolo del professore e scrittore Paul Caldarella riporta i risultati di alcune osservazioni dell’interazione tra insegnante e studenti e le conseguenze di lodi o critiche negative. Sebbene non sia uno studio fattibile in chiave scientifica, perché incoraggiare o rimproverare non possono essere rappresentati sotto forma di indicatori numerici, dalla semplice osservazione di una classe al lavoro è stato osservato che gli alunni che ricevono rinforzi positivi manifestano comportamenti più corretti o raggiungono successi accademici più duraturi.
Ciò è dovuto al fatto che bambini e ragazzi necessitano di specchiarsi positivamente negli occhi degli adulti di loro riferimento. Quando si interagisce con i propri alunni o i propri figli bisognerebbe, nei limiti del possibile, cercare di impostare una comunicazione nella quale ci si focalizza sugli aspetti positivi al fine di lodarli. Per quanto riguarda, invece, le aree di difficoltà, la strategia ideale è trattarle come punti su cui lavorare ma sempre partendo da un background positivo, cioè gli elementi vincenti che già sono presenti.
IL METODO “PANINO”
La comunicazione è una competenza che, in ogni caso, può essere insegnata e migliorata già da piccoli. Nella scuola primaria, quando si affronta la disciplina di Cittadinanza e Costituzione, viene presa in esame anche la comunicazione, l’importanza di comunicare in modo positivo e gentile anche tra bambini, con i propri pari. Schede operative e proposte di lavoro di questa disciplina si possono trovare nella guida didattica per tutti gli anni di scuola primaria chiamata Le Discipline di Unica , edito da La Spiga del Gruppo Editoriale ELi.
Un tipo di comunicazione efficace potrebbe essere il panino. Questo tipo di comunicazione dal nome bizzarro indica semplicemente una tecnica comunicativa con cui si evidenzia una cosa positiva, si parla di un aspetto negativo da migliorare, e poi si fa un altro complimento su un’altra cosa positiva. Viene chiamata panino perché l’elemento negativo che vogliamo sottolineare viene inserito tra “due fette di pane morbido” cioè i complimenti. È una tecnica che si usa anche nelle aziende e serve a presentare un aspetto da correggere senza però dimenticare anche tutti gli elementi positivi presenti.