Quando ci si trova di fronte ad un problema di carattere mondiale e di difficile comprensione emotiva (come lo sono le carestie, le persecuzioni dei più deboli o le guerre che vedono coinvolte città e persone, tra cui bambini) la prima domanda che si pone l’adulto è come spiegare la guerra ai bambini e come tutelarli da informazioni e immagini potenzialmente traumatiche.
Molti scelgono il silenzio, l’omissione di una realtà che fa paura, credendo così di allontanare e minimizzare il problema, anche e soprattutto agli occhi dei bambini. Sarà davvero questa la strategia più efficace?
Come spiegare la guerra ai bambini
Da qualche giorno a questa parte, su tutte le tv, i telefonini, i social network e in qualunque conversazione tra persone al bar, al supermercato, nel piazzale davanti alle scuole, non si fa altro che assistere a immagini e discorsi su quello che noi tutti pensavamo appartenesse ad un lontano passato: l’invasione armata della Federazione Russa nella vicina Repubblica semi-presidenziale Ucraina.
I bambini, con il loro spirito curioso e i tanti “perché”, vedono, sentono, percepiscono tutto quello che li circonda, anche quando si pensa siano concentrati su altro. È pensabile tenerli all’oscuro di quanto stia succedendo in una parte del mondo non così lontana da loro, ma emotivamente vicinissima ogni qualvolta appaiano dinanzi ai loro occhi immagini di bambini feriti o piangenti per la fame e la paura?
Probabilmente sarebbe meno dispendioso rispondere alla domanda in maniera affermativa, ma a quale prezzo? Dando per assodato che i nostri figli, i nostri alunni, i nostri bambini posseggano antenne sofisticatissime capaci di cogliere anche il rumore dei silenzi, non dobbiamo però dimenticare che non possiedono ancora gli strumenti necessari per razionalizzare e contestualizzare gli eventi. È altresì certo che evitare di affrontare la questione di come spiegare la guerra ai bambini significherebbe lasciarli soli a combattere contro un mostro, se possibile, ancora più pericoloso, quello dell’impotenza e dello smarrimento.
Un ruolo molto importante, anche in questo scenario, lo riveste tutto il personale educativo e formativo che in questi giorni possiede, più di altri, il termometro dello stato psicologico dei bambini. Un insegnante sa quanto sia determinante all’interno di un percorso didattico-educativo, accompagnare per mano ciascun alunno e creare con lui un legame di fiducia ed empatia. Per far ciò è necessario trasmettere loro un senso di protezione e sicurezza, che passa inevitabilmente dal rispetto del loro essere, prima di tutto, persone. Ecco perché la censura rischierebbe di diventare un boomerang, che invece di proteggere, potrebbe distruggere.
Come fare concretamente
Il consiglio, come si può facilmente dedurre da quanto detto fino ad ora, è quello di non sottrarsi mai alle domande dei bambini, perché dietro ad ogni punto interrogativo si cela il bisogno di conforto e supporto. Inoltre, soltanto conoscendo i quesiti dei bambini possiamo capirne le paure, la rabbia, le emozioni, contenerle e incanalarle adeguatamente. Non dobbiamo temere di toccare un argomento troppo complicato; possiamo renderlo più comprensibile, usando termini basici ma rassicuranti.
Il bambino non cerca i dettagli, vuole solo sapere cosa stia succedendo ad altri bambini e accertarsi che lo stesso non capiti a lui. Importante, quindi, è comunicargli che ci sono molte persone buone nel mondo che si stanno prendendo cura di questi piccoli profughi, che gli donano cibo, vestiti e anche giocattoli. La scuola potrebbe organizzare una piccola raccolta fondi o anche inviare beni di prima necessità e ogni bambino potrebbe contribuire portando qualcosa da casa (giocattoli, vestiti, raccolte di favole in buono stato, ma non più usati).
Si potrebbe anche pensare di far sedere gli alunni in cerchio e organizzare un brainstorming che ruoti intorno a tre pilastri: pace, conflitto e guerra. I bambini, divisi in tre gruppi, scriveranno su un foglio le parole che gli vengono in mente associate a ciascun pilastro. Alla fine, insieme all’insegnante, si raccoglieranno le parole più gettonate e si farà chiarezza sul loro significato. Potremmo, inoltre, affiancare a tutto ciò le pagine di un nuovo libro 2022 per il primo ciclo che mi è capitato di sfogliare proprio in questi giorni chiamato IO e TE . Nel fascicolo di Educazione civica 3, fatto davvero molto bene, le pagine 20 e 21 (clicca qui vederle) sono dedicate alla promozione della pace nel mondo, attraverso la riflessione e la lettura di brevi estratti sull’argomento.
Bisogna far attenzione a non esprimere davanti agli alunni giudizi di valore su uno o l’altro fronte della guerra, distinguendo tra “buoni” e “cattivi”. Il concetto che deve passare è che la guerra non fa bene a nessuno, che porta solo sofferenza e tristezza, sia a chi la subisce, ma anche a chi la dichiara. Sfruttiamo questo momento buio della storia per riprendere a parlare con i bambini di PACE a casa, a scuola, ai parchi… non sarà mai abbastanza!