In realtà non ho mai avuto un alunno con la sindrome dello spettro autistico, ma sono stata colpita profondamente da una bambina della mia scuola che incrocio spesso nel corridoio al cambio ora e che presenta tutte le caratteristiche dell’autismo. È evidente che vive in un mondo tutto suo e che ha percezione diversa, da quella che è la nostra, della realtà circostante ed un diverso modo di interagire con gli elementi che la compongono.
Spesso la vedo arrabbiata, insofferente e credo che il suo vero problema non sia il suo modo di essere che è il suo e le sta bene, ma la consapevolezza dell’incapacità degli altri di entrare in relazione con lei nelle modalità in cui lei desidererebbe.
Il suo problema, è evidente, sono gli altri, siamo noi, cosiddetti “normali”, dunque, ad avere dei seri limiti nello stabilire relazioni con chi è diverso da noi. Il suo problema siamo noi, noi genitori, noi fratelli, noi insegnanti, noi compagni. Dovremmo entrare nel modo giusto nel loro mondo, nel pieno rispetto di questo particolare loro modo di essere che quello è e non può essere cambiato, perché l’autismo non è certamente una malattia e dunque non può esserci cura o guarigione.
Quando la guardo, leggo in lei, nel suo sguardo rivolto lateralmente verso il basso, una richiesta chiara, il desiderio che dobbiamo esser noi ad entrare nel suo mondo, ma rispettando quell’ambiente così tanto diverso dal nostro.
Per questo ho voluto esprimere in versi le emozioni provate durante gli occasionali e fuggevoli incontri con questa bambina, attraverso essi ho voluto descrivere questa triste sensazione di non appartenenza al “nostro mondo” che ho percepito forte in lei e, nello stesso tempo, la nostra testarda sensazione di non appartenenza al suo mondo.
Non ho colto in lei la capacità, ma di certo neanche la voglia di cambiare e di adeguarsi ad un mondo diverso dal suo, perché ciò fa parte della sua condizione, e non si può né si deve, a mio avviso, far nulla per cambiarla.
Allora, torno a dire, dobbiamo essere noi ad accogliere questo straordinario “extraterrestre”, ad entrare nella sua astronave piccola piccola e trovare un posticino vicino a lui/lei per intraprendere un viaggio fantastico che può insegnarci tantissime cose attraverso la scoperta di nuovi paesaggi che magari ci “guariranno” dall’incapacità di rapportarci con chi è diverso da noi.
PICCOLO PRINCIPE di Germana Bruno
Ѐ piccolo il mio mondo
e ci sto soltanto io,
non parlo o ti confondo
con strano chiacchierio,
saltelli e gesti strani
col corpo e con le mani
e fisso su qualcosa
lo sguardo mio si posa
ti chiedi cosa penso,
ti sembro senza senso.
Son alte e forti mura
costruite intorno a me,
ti faccio un po’ paura,
non sono come te.
Ѐ un altro mondo il mio
e tu non riesci a entrare
diversa lingua ho io
e tu non sai capire.
Se solo vuoi provare,
se prendi l’astronave,
potrai da me atterrare
e forse anche capire,
perché, in ogni viaggio,
un nuovo paesaggio
ti apre gli occhi e il cuore,
per renderti migliore.
Filastrocche grammaticali nel sussidiario delle letture
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