La frase di Jovanotti ha sollevato parecchie polemiche da parte del mondo della scuola, ma allo stesso tempo è andata a gettare benzina sul fuoco laddove c’era già pregiudizio nei confronti delle ferie degli insegnanti.
Un pregiudizio che non muore mai
Anche Jovanotti cade nel luogo comune e nel pregiudizio che da sempre affligge la categoria degli insegnanti, bistrattati e umiliati per moltissimi motivi tra cui, principe, i presunti tre mesi di vacanze estive. Il cantautore, ospite da Fabio Fazio alla trasmissione Che tempo che fa , dichiara che l’estate è “la vera grande invenzione dell’Italia” e che tre mesi di ferie non li ha nessuno.
Dal passato a oggi: storia di una categoria sempre più bistrattata
La categoria degli insegnanti ha iniziato ad avere un calo di prestigio negli ultimi vent’anni. In passato ci si toglieva il cappello di fronte all’insegnante del proprio figlio: ciò che diceva l’insegnante era religione e a ogni brutto voto, richiamo disciplinare o obiezione dell’insegnante corrispondeva un “rinforzo” a casa, non sempre pedagogicamente accettabile.
Il maestro e la maestra erano figure prestigiose, rispettate, temute persino. Pure troppo. Ma negli ultimi vent’anni circa i genitori hanno iniziato a rivoltarsi verso gli insegnanti. Il progetto educativo del proprio figlio non era più condiviso con l’insegnante, che da alleato si è trasformato in figura sempre più criticata: nei metodi didattici, per come rimprovera i ragazzi, per i compiti che sono troppi, per i compiti che sono troppo pochi, per tutto. Molti genitori sono diventati improvvisamente pedagogisti, pronti a giudicare le scelte di insegnamento e i metodi educativi. Gli insegnanti hanno iniziato ad avere paura, molto spesso.
Tutto il nostro lavoro ha iniziato a non andare più bene, a essere contestato, anche in modi poco civili. Alcuni genitori sono, infatti, passati dalle critiche alle aggressioni (è possibile ricercare episodi come questi nei fatti di cronaca, vi stupirete di quanti casi ci sono). E oggi? Negli ultimi(ssimi) anni sembra che ci sia il ritorno a un po’ più di collaborazione e rispetto, ma non c’è da ritenersi “fuori pericolo”.
Sfatare i luoghi comuni
Certamente, affermazioni come quelle di Jovanotti non aiutano a “riabilitare” la nostra figura, che non ha più diritto a esprimersi. Le persone credono che lavoriamo mezza giornata, che le ferie degli insegnanti siano i famosi 3 mesi d’estate, che riceviamo uno stipendio succulento per fare nulla e, seduti alla cattedra, esprimiamo il nostro sadismo caricando di compiti le povere famiglie che vorrebbero solo passarsi i fine settimana in montagna: come possiamo anche avere diritto di parola e protesta?
Ma che ne sa, il cantante, delle ore extrascolastiche passate a correggere compiti, preparare lezioni, fare colloqui con genitori, psicologi e logopedisti? Che ne sa del materiale didattico, igienico e artistico acquistato con le nostre tasche, per il quale non andiamo a bussare nessuna porta per il rimborso? Che ne sa del reale numero di settimane di sospensione delle attività didattiche che abbiamo? E, soprattutto, l’idea che l’estate sia dedicata in gran parte alla progettazione e alla pianificazione dell’anno seguente l’ha mai sfiorato?
Le reali ferie italiane ed europee
Tre mesi di vacanze forse li hanno i ragazzi, e su questo ci si potrebbe lavorare, ma gli insegnanti no. Anzi. Il nostro servizio finisce a fine giugno e inizia i primi di settembre, le ore lavorative “del mese di luglio” devono essere garantite in modo extra durante l’anno con sostituzioni, supplenze e altre disponibilità. E, incredibile, le settimane di ferie degli insegnanti, complessivamente, in Italia sono nove. Meno che negli altri paesi europei!
In altri paesi europei le settimane sono undici (in Finlandia, Grecia, Islanda, Polonia, Serbia, Svezia e Ungheria) o addirittura tredici (in Bosnia, Bulgaria, Croazia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Portogallo, Romania, Russia, Slovenia, Spagna, Turchia e Ucraina). Se Lorenzo sapesse l’inesattezza che ha detto continuerebbe a fare ciò che fa sempre, cioè parlare su basi musicali, e non degli insegnanti.