La curiosità è innata nei bambini. Ma Sofia, di soli quattro anni, chiede alla mamma come nascono i buchi neri; Matteo, di cinque anni e mezzo, vuole sapere come si formano i tornado e perché esistono i terremoti; Emanuele, un bambino della terza elementare, non brilla nei voti, ma legge voracemente storie della mitologia greca. Tutti e tre sono alunni plusdotati, un termine che identifica quei bambini che hanno un quoziente intellettivo superiore alla norma. Nonostante la loro mente agguerrita, questi ragazzi faticano ad adattarsi al sistema scolastico che, spesso, non è in grado di valorizzare le loro abilità.
Antonio Silvagni, docente di liceo e padre di due figli plusdotati, ha vissuto sulla propria pelle le difficoltà di questi ragazzi a scuola. “Era un bambino molto sveglio, ma con problemi di socializzazione all’interno della classe”, racconta Silvagni su Repubblica a proposito del suo figlio maggiore. Vivendo in una piccola realtà in provincia di Vicenza, all’inizio non poteva sapere che il disagio del figlio fosse una conseguenza della plusdotazione. Il passaparola è stato fondamentale per capire quale fosse il problema. “Sono stato fortunato: un mio collega mi ha parlato di un progetto pilota della Regione Veneto che trattava i ragazzi ad alto potenziale e così sono entrato in contatto con questo mondo”.
Il percorso di un bambino plusdotato prevede incontri con psicologi, valutazioni, test e certificazioni da ottenere. Nonostante l’ottenimento dell’attestazione, ci si imbatte però in un sistema scolastico non all’altezza per gestire adeguatamente questi alunni geniali. “Era novembre 2018 quando il Miur ha organizzato un tavolo tecnico, di cui ho fatto parte, per definire le linee guida nazionali sulla plusdotazione”, racconta Maria Assunta Zanetti, presidente di Lab Talento, un laboratorio per ragazzi e bambini gifted dell’Università di Pavia. “Abbiamo consegnato queste linee nel luglio 2019 e avrebbero dovuto diventare operative dall’anno scolastico successivo, ma tutto è stato messo in stand-by”.
Ad oggi, le scuole italiane navigano a vista per quanto riguarda la gestione dei plusdotati. La plusdotazione è stata inserita all’interno dei Bisogni Educativi Speciali (Bes), ma non ci sono direttive su come valorizzare le grandi curiosità e capacità degli studenti gifted. Attualmente, soltanto 95 istituti in tutta Italia sono stati certificati per il trattamento della plusdotazione e non esiste alcun obbligo legislativo in merito. La formazione degli insegnanti sulla questione è facoltativa.
Nonostante questo, nei sussidiari di scuola primaria degli editori più sensibili e attenti alle esigente di docenti ed alunni, per quanto possibile visto l’assenza di determinate linee guida, troviamo comunque attività di potenziamento, logica matematica e linguistica, come ad esempio in Si Può Fare per il primo ciclo o Mondo 2030 per il secondo, entrambi editi da Cetem o in Missione Compiuta di Spiga.
Il fenomeno dei cosiddetti drop-out capaci è una realtà triste e diffusa: è frequente che ragazzi con un’eccezionale intelligenza lascino la scuola. Non si conoscono cifre precise sui continui cambi di istituto o sul ritiro precoce, ma questo fenomeno esiste. La scuola spesso non riesce a valorizzare questi studenti, neanche dal punto di vista dell’intelligenza emotiva, il che fa sentire loro di non appartenere all’ambiente scolastico costringendoli all’abbandono.