In un’intervista a Sky Tg24 , lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet parla dei giovani e del complicato rapporto con due concetti estremamente moderni. Da una parte c’è l’ansia, dietro la quale ci sarebbe un mercato, dall’altra c’è il controllo da parte dei genitori. In mezzo, una generazione senza più alcun riferimento che può tutto, ma non fa nulla se non lasciarsi trascinare. Ma c’è speranza dopo un’analisi del genere?
DIETRO L’ANSIA C’è UN MERCATO
L’ansia può essere definita come una forma di apprensione o paura di fronte a uno stimolo a un evento negativo che non si è ancora verificato. Rispetto al passato, oggi si parla molto di più dell’ansia: si tratta di un progresso della società nella comprensione di una condizione che affligge sempre più persone. Il problema è che oggi la maggiore attenzione verso l’ansia rischia di diventare una grande paura, presente anche nelle nuove generazioni. Lo sostiene il sociologo Paolo Crepet, che aggiunge:
Per trattare adeguatamente un tema così importante, continua Crepet, occorre attenzione e soprattutto occorre garbo. D’altronde, i disturbi d’ansia colpiscono tantissimi giovani: secondo un’indagine riportata dal Sole 24 Ore , il 21% dei giovani si sente in ansia ma uno su tre si vergogna a chiedere aiuto.
La cultura del controllo
Ad alimentare l’ansia, e a farle da contraltare, c’è anche la cultura del controllo ormai elemento cardine di una cultura veloce e iperconnessa qual è la nostra. E in effetti, sostiene Crepet, la grande rivoluzione digitale del nostro tempo ha intensificato l’idea stessa del controllo, anche a scuola:
Ma cosa c’entra il controllo da parte dei genitori? Anche perché, secondo il sociologo, il controllo sui figli viene effettuato a scuola o durante la giornata. E di notte? Insomma, da una parte c’è l’ossessione del controllo che diventa ansia, dall’altra la concessione di un’estrema libertà, grazie alla tecnologia.
L’APPROCCIO DELLA SCUOLA CONSAPEVOLE
La tensione continua fra controllo e ansia genera un paradosso che porta a una maggiore insicurezza, nonché all’impossibilità di gestire i rapporti umani e le sfide della vita. I giovani sono i soggetti che più di tutti vivono queste contraddizioni: non sono soltanto nativi digitali ma sono individui formati dalla tecnologia digitale, con la quale intrattengono un rapporto per altri incomprensibile.
L’esempio di Crepet è quello del registro elettronico, ma in altre occasioni il sociologo ha anche allargato il contesto. La scuola è il luogo che più di tutti può aiutare gli studenti ad approcciare il mondo, ma da sola non basta. Non bastano le famiglie, che spesso sono assenti e deputano alla tecnologia la trasmissione dei valori, ma non bastano neanche i genitori iperprotettivi, come abbiamo visto ossessionati dal controllo.
La soluzione non può prescindere da un approccio equilibrato e da una rinnovata funzione della scuola, che sappia bilanciare il bisogno di affrontare l’ansia con quello di ridurre il controllo. E non è detto che iniziare dal registro elettronico sia così sbagliato, se lo si utilizza soltanto come punto di partenza.