Capita sempre più frequentemente di assistere ad un fenomeno molto in voga, spesso posto in essere da alcuni genitori nei confronti degli insegnanti dei propri figli, si tratta di quella tendenza a mettere in discussione le scelte didattiche, metodologiche e operative attuate dai docenti. Lo si fa dapprima diffondendo nei famigerati gruppi whatsapp giudizi, riflessioni “ad alta voce” o velate, vere e proprie campagne di delegittimazione, per poi approdare alla fatidica mail, telefonata o incontro richiesto al dirigente scolastico per segnalare, con fare minaccioso, le proprie posizioni.
Quasi come se il DS avesse diritto di “vita o di morte” (come minimo di pubblica gogna) sui docenti. Ci sono casi in cui il livello di interferenza con le attività dei docenti è talmente alto che alcuni genitori telefonano, chiamano, interloquiscono direttamente con l’insegnante come se parlassero con un proprio familiare o il banco al mercato dove negoziare il prezzo delle mele.
Spesso durante la pandemia la cronaca ci ha segnalato casi in cui alcuni genitori sono intervenuti direttamente dalla postazione online dei propri figli per segnalare mancanze, perplessità ed esprimere giudizi pubblici sull’operato e le scelte adottate dal docente (che forte è la mia mamma penserà il pargoletto mentre il proprio genitore insulta la maestra).
Ebbene sì, per molti genitori (non per tutti, per fortuna) la scuola è diventata la camera di sfogo dei propri giudizi sulla società e tutto ciò che nella società non funziona. Il problema è che spesso dall’altra parte ci sono professionisti e soprattutto persone che quotidianamente preparano lezioni, organizzano la didattica, partecipano all’organizzazione burocratica complessiva dell’istituzione e che spesso antepongono questi interessi anche alle proprie vite private, con stipendi tra l’altro che aiutano a vivere ma non certamente ad arricchirsi
Persone che hanno affrontato anni di studio e hanno fatto la cosiddetta “gavetta” tra supplenze a migliaia di kilometri da casa e preparazioni infinite per concorsi, corsi di formazione, scuole di specializzazione, tirocini formativi ecc. Un universo di storie personali e soprattutto di professionalità a servizio della crescita del Paese.
La scuola è un’istituzione, non un servizio di formazione come potrebbe essere la scuola di nuoto, di tennis o di calcio per i propri figli, altrettanto dignitose e fondamentali ma che non rappresentano il sistema formale dell’istruzione. Gli insegnanti, con il loro prezioso lavoro anche durante questa pandemia, rappresentano l’interfaccia e la sostanza di questo apparato istituzionale, rispettarli significa lavorare perché lo stato si fondi su elementi inamovibili, certezze su cui costruire il percorso di crescita dei propri figli ma anche di strutturazione complessiva dell’intero Paese.
Contestare con superficialità un docente, soprattutto se non ci sono elementi seri da dover criticare, significa delegittimare anche agli occhi dei propri figli l’intera istituzione e significa soprattutto non aver compreso che si finisce per minare alla base l’unica istituzione che promuove lo sviluppo intellettuale e il progresso dello stato. Meno Whatsapp più consapevolezza.
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