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OPINIONI

Ma vi pare normale dare il cellulare ai bambini durante la cena al ristorante per farli stare zitti?

L’uso dello smartphone da parte dei bambini è una delle questioni più discusse in ambito scolastico e familiare. Se per alcuni si tratta di uno strumento molto utile, non tutti sono convinti del suo ruolo nella crescita dei più piccoli.

Fra questi ultimi ci sono Umberto Galimberti, secondo cui la tecnologia deve stare fuori dalle classi, e Vincenzo Schettini. In un post su Facebook link esterno, infatti, il fondatore del progetto La fisica che ci piace e docente di fisica ha ricordato quali sono i rischi dello smartphone per i bambini.

basta cellulari ai bambini

I bambini utilizzano lo smartphone in due contesti diversi: da una parte ci sono le attività in classe, svolte con la supervisione degli insegnanti; dall’altra parte c’è l’uso in famiglia. I due momenti si influenzano l’un l’altro, com’è normale che sia, ma è sul secondo che si concentrano le critiche di Vincenzo Schettini:

Ma vi pare normale? Io vedo a tavola, nelle pizzerie, i genitori che danno ‘sto benedetto cellulare ai bambini di 4 anni per farli stare zitti. Vi prego, non fate questa cosa! Mi dicono: “ma qual è l’alternativa per farlo stare zitto? Noi gli diamo il cellulare perché si distrae e non parla”.

Insomma, i bambini imparano ad usare lo smartphone in un contesto familiare e, allo stesso tempo, i genitori li abituano all’uso del cellulare per farli stare tranquilli, in silenzio. Si tratta di una situazione che rischia di pregiudicare il rapporto dei più piccoli con la tecnologia ma le cui ramificazioni possono influenzare anche la loro crescita e il loro rendimento scolastico.

Meglio sbagliare e imparare

I genitori chiedono quali siano le alternative allo smartphone, ricorda Schettini nel suo post, ma le soluzioni sono tutt’altro che semplici. Secondo il docente influencer, infatti, lasciare che i bambini stiano tranquilli davanti ad uno schermo è sbagliato: al contrario, è necessario lasciarli liberi di esprimere la loro creatività.

E allora è molto meglio dar loro un foglio e dei colori, o magari un libro, o ancora un fumetto, qualsiasi cosa che possa aiutarli a riempire la noia con la loro personalità. Come si vede, non sono metodi infallibili o immediati, ma attività che richiedono un coinvolgimento diretto e attivo dei genitori.

Proprio qui sta tuttavia un altro problema.

Sono tante infatti le storie in cui emerge il conflitto fra genitori e figli ma, in ugual modo, fra genitori e mondo scolastico. Secondo lo psicoterapeuta Matteo Lancini, per esempio, i genitori riversano tutte le loro aspirazioni e frustrazioni nei figli, e non sono in pochi a chiedere minori ingerenze a scuola. Per non parlare del fatto che spesso sono i genitori ad utilizzare lo smartphone senza controllo, e non i loro figli.

Che la questione sia culturale e sistemica non c’è alcun dubbio, e lo lascia intendere la stessa proposta di Vincenzo Schettini: lasciare che i bambini sperimentino, sbaglino e imparino dal mondo reale. Non da un mondo digitale che, in fin dei conti, non esiste.

Scuola e smartphone

L’uso della tecnologia a casa, dicevamo, influenza il rapporto dei bambini con lo smartphone anche in ambito scolastico. E non soltanto alla primaria.

Telefoni e tablet possono contribuire a migliorare la didattica, nessuno lo nega, ma in questo modo il rischio è che gli studenti perdano altre competenze. Si è molto parlato del corsivo e della scrittura a mano, che oggi rischia di scomparire e che pure ha un’importanza fondamentale nelle capacità di pensiero e problem solving.

Cosa fare allora?

Al netto delle linee guida della politica, molti istituti hanno deciso di vietare del tutto l’uso dello smartphone, un mero palliativo che agisce sul sintomo, non sulla causa. Come lo stesso Vincenzo Schettini ricorda, accompagnare la creatività dei più piccoli dedicando loro il proprio tempo è molto meglio che metterli davanti ad uno schermo, nella speranza che si calmino.

L’appello del docente non è soltanto uno sfogo, quindi, bensì un vero e proprio invito a ripensare il rapporto fra bambini e tecnologia. Una sfida, certo, ma che vale la pena combattere, e vincere.

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