Dopo la tragica morte di Giulia Cecchettin, Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, esamina le possibili cause del gesto estremo attribuito a Filippo Turetta. Secondo Crepet, il problema principale risiede nella gestione della frustrazione da parte dei giovani, un apprendimento che, a suo avviso, è stato insufficiente a causa di un’eccessiva protezione genitoriale.
Il tentativo dei genitori di preservare i propri figli da sofferenze e frustrazioni finisce per renderli incapaci di affrontare gli aspetti dolorosi della vita, sostiene Crepet. Questo atteggiamento protezionistico, secondo lo studioso, relatore di un importante evento formativo sulle competenze non cognitive a scuola, priva i giovani della possibilità di sviluppare la resilienza necessaria per gestire le delusioni e le sfide quotidiane.
L’esempio citato da Crepet, quello di un bambino che cade dal cavallino a dondolo, illustra l’importanza di sperimentare il dolore e la delusione come parte integrante del processo di crescita. Invece di proteggere eccessivamente i bambini, Crepet invita i genitori a lasciarli affrontare le piccole sfide della vita, permettendo loro di imparare dalle proprie esperienze.
Crepet evidenzia anche una problematica legata all’atteggiamento dei genitori che tendono a rimanere “eternamente giovani”, influenzando così il processo di maturazione dei loro figli. Questa dinamica, secondo Crepet, contribuisce alla difficoltà dei giovani di affrontare responsabilità e sfide tipiche dell’età adulta.
L’appello finale di Crepet ai genitori è quello di essere “rivoluzionari” insegnando ai figli il valore della libertà e dell’autonomia. Solo permettendo ai giovani di fare esperienze, anche sbagliando, potranno imparare a gestire autonomamente le situazioni della vita.
Infine, Crepet esprime scetticismo riguardo alle proposte di inserire l’educazione affettiva nella programmazione annuale scolastica. Sebbene l’idea sia supportata dalla maggior parte della politica, Crepet ritiene che l’affettività e i sentimenti si apprendano meglio attraverso esperienze di vita quotidiana, in famiglia e nella società, piuttosto che in aula.