“Questo non ha capito un cavolo di niente”, è una frase che non andrebbe mai detta. Perlomeno, un insegnante non dovrebbe mai dirla. Né a un suo allievo, né a un collega, né a un genitore. Perché il ruolo di colui che insegna non è dare giudizi sulla persona o sulle opinioni personali, ma semmai su competenze, conoscenze e abilità. Non scendo nel dettaglio di altre questioni riguardanti la valutazione che ogni professionista della scuola conosce: regole che si imparano e si studiano per i concorsi e le abilitazioni.
Ci si può chiedere: “Ma il professor Vecchioni?”. Ma perché non dare più peso, e lustro, a questo lavoro, potendolo fare? E come si può conciliare una carriera musicale, sicuramente impegnativa, con la scuola? Che non è un ripiego né un secondo lavoro. Non è nemmeno una missione. È una professione impegnativa e talvolta totalizzante.
Evidentemente però si può, e mi piacerebbe molto un giorno conoscere il professor Roberto Vecchioni, e dirgli quanto mi piacevano le sue canzoni: “Luci a San Siro” o, anche, abbastanza , “Samarcanda”. O “Povero ragazzo”, che pochi ricordano, se questo era poi il titolo. Molto meno, “Voglio una donna”:
Prendila te quella col cervello
Voglio una donna – R. Vecchioni
Che s’innamori di te quella che fa carriera
Quella col pisello e la bandiera nera
La cantatrice calva e la barricadera
Che non c’è mai la sera…
Diciamo, non proprio versi memorabili, tuttavia tanto sentiti e risentiti da rimanere nella memoria indelebili insieme a quelli di Leopardi. Usciti vincitori dal Festivalbar 1992. E ancora tra noi.
Abbiamo ascoltato tante lezioni dal professor Vecchioni. Le hanno ascoltate barricadere, cantatrici calve e meno calve, quelle con qualche altro attributo e donne che non ci sono mai la sera perché forse lavorano. Comprese le sue colleghe di scuola, spesso impegnate in riunioni ad oltranza dopocena. E ritorniamo al dubbio: ma come si può conciliare? Lavoro, carriera, attività artistica o impegno politico, casa e famiglia?
Rimangono le lezioni del maestro: di lessico, di filologia, di didattica, di storia, persino di volo e di atterraggio. Per quanto, si fa sommessamente notare, dopo venticinque anni di pazienza, che non si dice “prendila te”, ma “prendila tu”. Tralasciando altre “imprecisioni di forma e contenuto” come si scrive nei giudizi dei compiti in classe.
Ma tornando all’incipit del componimento, Roberto Vecchioni in “In Altre Parole”, il talk show condotto da Massimo Gramellini su La 7 è intervenuto sul “caso” Geolier. Si innesca il caso e anche una provvidenziale rissa a distanza con Cottarelli. Carlo Cottarelli aveva commentato così l’invito da parte del sindaco di Napoli a Geolier: “Sarò retrogrado, ma proprio non capisco perché l’Università di Napoli abbia invitato Geolier a tenere una lezione nell’ateneo partenopeo. Tutti quelli che arrivano secondi a Sanremo dovrebbero tenere lezioni all’Università? Ben faceva Edoardo Bennato a cantare: ‘sono solo canzonette…'”
In effetti: tra attori, cantanti, fenomeni, forse le università potrebbero essere veramente un po’ meno attente alla spettacolarizzazione. Più all’arte, alla letteratura, ai testi, alla poesia. Alla qualità e alle competenze. Perché è ovvio: la musica, e quella napoletana è meravigliosa, la amiamo tutti, e nemmeno si discute. Di serietà, sì. E comunque, Edoardo Bennato ben faceva, veramente: il suo “Burattino senza fili” ci accompagna dal 1977.
Questo, davvero, immortale.