Il noto giornalista Beppe Severgnini si è espresso in modo negativo riguardo alla situazione attuale della scuola italiana. In particolare ha constatato con amarezza lo scarso livello di conoscenza di materie come geografia e storia. La causa di questa ignoranza è la mancanza di un insegnamento adeguato. Pensate semplicemente all’oggetto che usiamo quotidianamente con il quale possiamo ottenere fiumi d’informazione.
Quest’ultimo lo possediamo tutti come una specie di protesi o prolungamento del nostro corpo, ossia lo smartphone. Secondo il giornalista, esso pur essendo utilissimo, è uno strumento e come tale non si può sostituire all’insegnante. La scuola deve rimanere la fonte principale, successivamente il web può, quando usato bene, essere strumento di approfondimento, continua a rimarcare Severgnini.
INFORMAZIONE NON FA RIMA CON CONOSCENZA
Bisogna ovviamente ammettere un paio di questioni. Senz’ombra di dubbio il cellulare è uno strumento molto utile in quanto permette ad ognuno di noi di ottenere praticamente qualsiasi tipo di informazione in un batter d’occhio. Dopodiché, l’informazione non va confusa con la conoscenza. Quest’ultima, infatti, è strettamente legata allo studio e all’apprendimento di un dato (o di una fonte) in un’ottica di lungo termine.
Le informazioni che ci appaiono sui nostri cellulari, durante gli scroll, vanno e vengono rapidamente e non restano impresse nella nostra memoria. Non permettono al nostro cervello di attivare quel processo che ci porta a comprendere realmente quello che stiamo leggendo o sentendo. Manca in un certo senso una riflessione profonda, ma soprattutto una guida agli studi, il ruolo principale dell’insegnante.
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E LA SCUOLA?
I cellulari non sono i nemici della conoscenza nei ragazzi d’oggi. Secondo Beppe Severgnini il “male” si può identificare persino nella scuola stessa. Anni e anni di indicazioni ministeriali “concentrati su aspetti socio-economici” hanno portato alla situazione disastrosa di oggi, con docenti definiti da lui stesso come “incoscienti” che non hanno potuto fermare questa deriva.
Severgnini riporta poi un esempio che dovrebbe farci riflettere: “Rimango traumatizzato quando capisco che un giovane laureato confonde l’oceano Indiano col Pacifico, ignora i confini della Germania e non sa indicare le regioni che si attraversano per andare da Trieste a Trapani. Mio padre, classe 1917, a novantanove anni era in grado di rispondere. Non aveva Google Maps, ma era cresciuto con un atlante sul tavolo.”
BEPPE SEVERGNINI SUL FUTURO DEGLI STUDENTI
La storia insegna, questo lo sappiamo bene, e se dimentichiamo gli errori del passato non può che essere un pessimo segnale per il nostro futuro. Se i giovani di oggi non comprendono gli avvenimenti del Novecento, la prima e la seconda guerra mondiale e i vari orrori del passato, tali comportamenti rischiano di ripresentarsi.
Occorre dunque risolvere la situazione prima che sia troppo tardi. Come farlo? Severgnini e Gian Antonio Stella, un suo collega giornalista, propongono al Ministero dell’Istruzione di intervenire direttamente sul cosiddetto “programma scolastico”, o meglio dire indicazioni ministeriali, incrementando la quantità – e soprattutto la qualità – dell’offerta formativa relativa all’insegnamento della geografia e della storia.
Queste materie negli ultimi anni sono state sempre più lasciate da parte e dimenticate, arrivando addirittura a condensarle istituendo la geostoria. E abbiamo visto i risultati negativi portati da questa tendenza. Da viale Trastevere dovrebbero occuparsi della questione e trovare una soluzione durevole nel tempo, oltre che a dedicarsi ad altre annose e attuali problematiche pandemiche.
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