Lo Storytelling Didattico è una metodologia di insegnamento attiva che ha l’obiettivo di educare ad apprendere con le narrazioni. L’uomo ha da sempre imparato grazie alle storie, basti pensare all’esperienza di ciascuno di noi: da bambini qualcuno ci ha raccontato o letto delle storie, da adulti le abbiamo lette nei libri e per tutta la vita ne siamo al centro, sia come autori che come ascoltatori e fruitori. Ma perché questo storico successo?
I motivi sono molteplici: innanzitutto le storie sono rassicuranti perché ci fanno sentire parte di una comunità sociale grazie alla condivisione di valori ed esperienze. In secondo luogo, le storie ci insegnano il funzionamento del mondo, basti pensare all’importanza dei miti nei tempi antichi, vere e proprie “enciclopedie tribali” dei nostri antenati. Infine, le storie ci permettono di esprimere la nostra personalità e, in un certo senso, la nostra visione del mondo. Questi motivi hanno decretato il successo di una “metodologia didattica” che esiste da quando esiste l’essere umano.
In questo contesto si inserisce lo Storytelling Didattico come metodologia di insegnamento ed apprendimento. Sin dalla più tenera età, infatti, risulta affascinante, oltre che efficace, veicolare contenuti, più o meno complessi, mediante le storie. Tutti noi, da bambini, abbiamo appreso l’alfabeto, il ciclo delle stagioni e persino i numeri, mediante il racconto, talora anche in rima, di storie e filastrocche. Per questo motivo tale metodologia risulta particolarmente diffusa non solo nella scuola dell’infanzia ma anche presso quella primaria.
Ma non dobbiamo pensare che solo nel contesto scolastico lo Storytelling Didattico sia diffuso; si pensi, ad esempio, a quanto le strutture museali, specie negli ultimi anni, abbiano trasformato le tradizionali schede informative, dallo stile spesso austero e complesso, in più accattivanti narrazioni di facile accesso. Non solo, riflettiamo anche su quanto successo stiano avendo libri e programmi televisivi di divulgazione scientifica basati, non tanto sulla spiegazione tecnica dei fenomeni, ma sulla loro rappresentazione drammatica.
Un caso d’eccezione, in questo senso, è rappresentato dal noto testo di Alberto Angela dal titolo “I tre giorni di Pompei” e la sua trasmissione per Rai 1 “Stanotte a Pompei”. Se confrontiamo, ad esempio, le trasmissioni scientifiche di venti, o solo dieci anni fa, potremmo riscontrare un sempre più alto “coefficiente narrativo”, aspetto questo che ci conforta sul potere educativo delle narrazioni.
Ma al di là della scuola dell’infanzia e primaria, quanto è diffuso lo Storytelling Didattico? Nei libri di testo la risposta è chiara: sempre di più. E nelle lezioni dei docenti? Non abbiamo, naturalmente, statistiche scientifiche ma, a giudicare dal crescente successo delle web app narrative presso i docenti, potremmo affermare con una certa sicurezza che tale metodologia si sta facendo sempre più spazio nella pratica d’aula di moltissimi insegnanti. Anche qui le motivazioni sono molteplici: la fascinazione che proviene dalle narrazioni, il ruolo attivo degli studenti nel raccontare contenuti ed esperienze e, non da ultimo, la relativa facilità con cui, specie negli ultimi anni, si riescono a confezionare storie digitali grazie a degli applicativi online.
Sì, perché lo Storytelling, da almeno una decina di anni a questa parte, ha assunto una importantissima variante digitale, grazie alla quale è possibile fruire ma, soprattutto, generare storie coinvolgenti e dall’aspetto professionale. In conclusione: lo Storytelling Didattico si è ormai stabilmente imposto come una delle metodologie didattiche attive più efficaci e consolidate nel panorama della scuola italiana.
Pro e contro
Date le precedenti premesse, si potrebbe credere che tale metodologia non presenti né limiti né controindicazioni. Purtroppo, come è logico supporre, le cose non stanno esattamente così. Per quanto concerne i limiti sarebbe molto bello, e anche un po’ naif, ritenere che “i limiti sono soltanto in chi utilizza lo Storytelling”, in realtà, nella prassi didattica, alcuni limiti sono comunque presenti. Innanzitutto, per fruire e, soprattutto, strutturare narrazioni digitali occorre un’infrastruttura che preveda, preferibilmente in aula, la disponibilità di più dispositivi come pc portatili o tablet, possibilmente connessi alla rete, vista la grande diffusione di web app che rendono la redazione agevole e divertente.
Occorre poi che il corpo docente abbia una minima dimestichezza, non tanto con lo strumento digitale in sé, quanto con la gestione di un’intera classe che operi su dispositivi come pc e tablet; in questi momenti, che di norma sono collaborativi, il rischio di caos e confusione è molto alto. Un altro aspetto che non definiremmo come limite, ma può essere disincentivante, è il dispendio di tempo richiesto da praticamente tutte le metodologie attive; nel momento in cui vogliamo “rendere protagonisti” i nostri studenti, magari con l’ausilio delle tecnologie digitali, non possiamo pensare che l’investimento di tempo sia trascurabile.
Ed ora veniamo agli aspetti positivi che, senza dubbio, risultano più numerosi dei precedenti. Come detto, lo Storytelling Didattico, mettendo lo studente al centro del suo processo educativo, è generalmente più motivante di attività meno interattive come la lezione frontale o anche solo la lezione partecipata. Altro plus di questa metodologia è che offre molte opportunità di lavoro collaborativo; sebbene lo Storytelling Didattico non preveda necessariamente un lavoro di gruppo, esso si presta meglio di altre metodologie a questo approccio.
Ulteriore elemento positivo dello Storytelling è la possibilità di impiegare tecnologie vicine, o vicinissime, al vissuto degli studenti, pensiamo in particolare a smartphone e tablet; il semplice utilizzo dei dispositivi, naturalmente, non è formativo di per sé, tuttavia potrebbe essere un ottimo spunto per svolgere lezioni di media education e cittadinanza digitale e responsabile. Altro aspetto assolutamente motivante nella prospettiva degli studenti è quello di realizzare qualcosa di “concreto” (ancorché digitale), da poter essere annoverato tra i “capolavori” realizzati negli anni della scuola. Non si pensa mai sufficientemente a questo dettaglio; tuttavia, dopo le straordinarie esperienze della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, gli studenti italiani non hanno così tante occasioni per realizzare qualcosa di materiale che resti nella loro memoria (analogica o… digitale!), da poter ricordare quando saranno grandi!
Infine, anche se potremmo continuare ancora per molto con i “pro” dello Storytelling Didattico, una riflessione in prospettiva futura: in un mondo che cambia ad una altissima velocità, saper disciplinare la propria creatività e i processi che oggi chiamiamo “soft skill”, potrebbe per i nostri ragazzi essere più premiante rispetto alla passiva acquisizione di contenuti disciplinari.
Proposte operative di Storytelling Didattico
Ed ora è venuto il momento di vagliare qualche concreta proposta operativa che possa far comprendere meglio orizzonti e possibilità dello Storytelling Didattico. Per comodità, prenderemo in esame un esempio di tale metodologia per ogni grado di scuola, dall’infanzia alla secondaria di secondo grado. Tutte le proposte prenderanno in considerazione lo Storytelling Didattico nella sua variante Digitale.
Per quanto concerne la scuola dell’infanzia, dobbiamo tenere conto che ovviamente i bimbi non sono per lo più in grado di realizzare da soli delle storie, a meno che non siano guidati passo passo da maestre e maestri, possibilmente con l’impiego di app pensate per un pubblico della loro età (ad esempio la nota app BookCreator). Presso i bimbi dai tre ai cinque anni sarà possibile, ad esempio, fotografare con smartphone o tablet il giardino o parco della scuola, oppure alcuni elementi caratterizzanti le stagioni (foglie, neve, fiori, etc.); successivamente, maestre e maestri potranno inserire in sequenza le fotografie realizzate e corredarle con l’audio della voce dei bimbi che raccontano o descrivono le immagini messe in forma di carosello. Il risultato finale potrebbe essere un semplice video realizzato da smartphone oppure un libro digitale sfogliabile editato con app del tipo di BookCreator.
Passando alla scuola primaria, le possibilità sono quasi infinite, visto l’ampio arco di anni di questo grado di scuola. Si può pensare, ad esempio, alla realizzazione di book fotografici che documentino delle attività svolte a scuola, come quelle laboratoriali o legate a progetti specifici (coro, teatro, sport, etc.). In questo caso, lo Storytelling Didattico prenderà una curvatura di documentazione, utile a tenere traccia di quanto svolto negli anni dagli alunni. Pensando, invece, al secondo biennio della primaria, è possibile strutturare progetti anche più articolati, come il dar voce ai personaggi storici dell’antichità. Grazie all’impiego di applicativi online specifici, gli studenti, dopo aver appreso i tratti salienti di un personaggio storico, possono immaginare di intervistarlo (tipologia della “intervista impossibile”). Il risultato sarà comunque l’esposizione di un modulo di storia, ma affrontato in modo più attivo e, possibilmente, più motivante.
Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado, periodo in cui gli studenti hanno per lo più una certa pratica e confidenza con lo strumento digitale, è possibile progettare un intero fumetto che racconti un qualunque contenuto didattico: da un’esperienza di scienze ad una pagina di inglese fino ad un capitolo di storia. I contenuti memorizzati, pertanto, non dovranno essere semplicemente restituiti mediante esposizione orale (comunque fondamentale) ma adattati ad una narrazione multimediale in forma di fumetto che richieda di risolvere diverse difficoltà come la selezione di un testo sintetico, l’uso di uno stile grafico uniforme e l’impiego di un lessico specifico.
Infine, per quanto concerne la scuola secondaria di secondo grado, qui le possibilità sono altissime. Potremmo chiedere agli studenti di un corso di letteratura di immaginare un prologo od un epilogo alternativo di un’opera nota (ad esempio de I Promessi Sposi); si potrebbe anche strutturare un colloquio immaginario tra personaggi di epoche storiche diverse (Newton che dialoga con Archimede o Einstein); percorribile anche la strada di un diario di bordo che, grazie all’ausilio di foto, didascalie e tag, racconti un’esperienza di un viaggio all’estero.
Insomma, come abbiamo visto, le possibilità dello Storytelling Didattico sono pressoché infinite. Questa metodologia si propone quindi come una delle soluzioni più versatili e, allo stesso tempo, più efficaci per un apprendimento che sia al contempo durevole e, perché no, anche divertente.