Cerco sempre, nei limiti delle ore che corrono e che non bastano mai, di impostare il lavoro in classe in modo laboratoriale o, almeno, il più pratico e concreto possibile. Per ogni disciplina a me affidata, ma soprattutto per le scienze. Spesso propongo esperienze con materiali vari per osservarne le caratteristiche, le interazioni, provare a fare ipotesi e verificarne l’esattezza o meno.
Negli anni ho provato che il “fare” è, per i bambini, oltre a essere senz’altro gradito e piacevole, un modo per comprendere meglio e ricordare ciò che viene loro proposto. Anche per questo, la mia scelta per il libro di testo da adottare è caduta, direi naturalmente, su “Mondo 2030” di Cetem: propone, tra le altre cose, molte attività ed esperienze laboratoriali, con schemi e immagini di facile utilizzo in classe come stimolo ad approfondire gli argomenti e i vari aspetti delle discipline.
Nella fattispecie del lavoro sullo studio delle cellule, come parte più piccola di un essere vivente, siamo partiti dall’osservare i disegni che il nostro libro di testo ci proponeva. Vi erano rappresentate senza dubbio le tre parti principali – membrana cellulare, citoplasma, nucleo e vacuolo, cloroplasti e parete cellulare per la cellula vegetale – ma anche vari altri “organelli”.
MONDO 2030
Scopri il nuovo sussidiario delle discipline di quarta e quinta della scuola primaria
Le domande che sono nate in modo spontaneo sono state: “Cosa sono, maestra?” e poi “Sono davvero così?”
Siamo andati, allora, a cercare su internet delle foto, scattate con l’uso del microscopio, di vari tipi di cellule, così come notizie sugli altri “organelli”. I bambini si sono divertiti a osservare e riconoscerli, hanno osservato che i colori usati dal libro per differenziare le varie parti non corrispondevano alla realtà.
In seconda battuta, ciascuno ha provato a disegnarne una animale e una vegetale e poi… ho lanciato l’idea:
Che ne direste di rappresentarne una in 3D?
La cosa è stata accolta con entusiasmo e, non potendo (sempre per ragioni di tempo, purtroppo!) realizzarla a scuola, abbiamo deciso di iniziare la progettazione in classe e poi realizzarla a casa.
Ciascuno ha iniziato a far volare la fantasia, pensando a come rendere l’idea del citoplasma gelatinoso o il vacuolo come riserva di umidità… Più di uno è uscito da scuola con un’idea ben precisa sul materiale che gli sarebbe servito.
Ho dato loro 15 giorni di tempo per concludere il lavoro.
Alla scadenza… eccoli, fieri, venire in classe con sacchetti e pacchetti che custodivano le loro “cellule”.
Ciascun bambino ha mostrato ai compagni il lavoro fatto, ha spiegato cosa rappresentava ogni singola parte e perché aveva scelto quel materiale o quel colore… tutti sono stati curiosi di osservare le scelte fatte dagli altri e hanno posto domande per comprendere meglio.
A me è servito per valutare la comprensione dell’argomento e la capacità di esposizione utilizzando il linguaggio specifico.
Da ultimo, la settimana successiva, ho posto loro queste domande:
Ti è piaciuta questa attività? Perché? Qual è stato l’aspetto che ti è piaciuto di più?
Ecco le loro risposte:
Mi è piaciuto perché avevo già l’idea.
È stato bello partire da zero e vederla formarsi.
Mi è piaciuto inventare e poi spiegarlo ai compagni, con tutti che la volevano vedere e toccare.
Mi ha dato molta soddisfazione.
È stato bello collaborare con mamma/papà, perché non facciamo spesso cose insieme.
Mi piace perché adesso quando devo ripassare, la guardo e mi ricordo meglio le cose.
Anche da queste risposte ho ottenuto conferma che il “fare” aiuta ad imparare meglio.