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Edoardo Prati provoca i docenti: “Se insegnate solo per campare, non insegnate”

“Se uno deve insegnare per campare, non insegni ma trovi qualcos’altro”. A pronunciare queste parole è Edoardo Prati, un influencer che ha raggiunto milioni di persone sui social media grazie alla sua passione per la letteratura classica e moderna. Prati è molto conosciuto per la passione con cui parla ai giovani di argomenti complessi, e proprio la passione è il tema affrontato in uno dei suoi video. La passione degli insegnanti, e le ragioni che li spingono a fare questo mestiere.

Chi è Edoardo Prati

Classe 2024 e appena ventenne, Edoardo Prati è cresciuto con i social e sui social ha iniziato a farsi conoscere grazie a dei video molto particolari. In un’epoca in cui sono frequenti i contenuti superficiali che seguono le tendenze e alimentano soltanto il doom scrolling, Prati ha infatti puntato sulla divulgazione della letteratura classica latina e italiana.

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Una commistione semplice, ma non scontata, fra contenuti social e pillole di cultura ha permesso a Edoardo Prati di diventare un vero e proprio influencer. Seguito da centinaia di migliaia di persone e con milioni di visualizzazioni, ad oggi è soprannominato il Barbero di Tik Tok, grazie al suo modo di rendere accessibili temi anche molto complessi. Prati studia Lettere Classiche all’Università di Bologna e nei video condivide la sua passione per la letteratura, senza risparmiarsi qualche presa di posizione su temi controversi.

“insegniamo solo per campare”

E proprio la passione verso ciò che si studia, o verso il proprio lavoro, è il tema di uno degli ultimi video di Edoardo Prati su TikTok link esterno. Sotto un suo post precedente, sostiene l’influencer, è comparso questo commento da parte di un docente:

Noi non insegniamo per vocazione, insegniamo per campare. Noi studiavamo lettere per sfondare nell’editoria, non ci siamo riusciti perché sono tutti raccomandati, allora siamo finiti a scuola e se insegniamo scazzati, ve lo tenete.

Di fronte a un commento del genere, si potrebbe rispondere in tantissimi modi diversi, magari criticando le posizioni o delegittimandole. Coerente con l’impostazione che ha voluto dare al suo canale, invece, Edoardo Prati si rifà alla letteratura, in particolare a Dante. In un passo della Divina Commedia, infatti, il sommo poeta confessa di essersi fidato di Virgilio per le sue belle parole e per il modo in cui lo ha condotto nell’inferno.

La reazione di Edoardo

Il messaggio è chiaro: insegnare vuol dire avere la responsabilità di guidare i propri studenti con la propria passione. Insegnanti per vocazione insomma, e non per mero calcolo economico o sociale, altrimenti sarebbe impossibile ispirare gli altri. Edoardo Prati continua:

Scusatemi, voi sapete quanto io sia un difensore della categoria degli insegnanti e delle loro condizioni tremende in Italia, ma questo no. […] Se tu insegni imburberito, come puoi aspettarti che uno studente dica “Voglio diventare come lui?”. Bisogna sorridere per quanto le condizioni siano complicate. Ma se uno deve insegnare per campare, non insegni: trovi qualcos’altro.

Se un insegnante sfrutta la propria laurea per danneggiare gli studenti, conclude Prati, allora c’è un problema di fondo. E al netto della posizione di uno studente di Lettere Classiche che, per quanto complessa, è sempre la posizione di uno studente, un problema di fondo esiste davvero. Ne parla anche Vincenzo Schettini, insegnante e autore del canale La fisica che ci piace, in un recente intervento alla trasmissione TV Talk. Secondo il docente, infatti, gli insegnanti devono tornare ad essere maestri di vita per i loro studenti, senza limitarsi allo sterile nozionismo.

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Il problema è: basta questa come soluzione? In una scuola che tende a delegittimare i suoi insegnanti, basta davvero stringere i denti e sorridere nonostante tutto? Chiunque abbia commentato il post di Edoardo Prati parla con una disillusione purtroppo comune nel mondo degli insegnanti, dovuta ad anni di declino dell’istituzione scolastica e della funzione stessa del docente. Forse è proprio questo il vero problema da risolvere, anche a livello istituzionale. Ma di certo non basta un video su TikTok.

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