Il filosofo e professore Umberto Galimberti si è scagliato contro gli insegnanti. Ospite della trasmissione In Onda su LA, ha affermato che molti insegnanti svolgono la loro professione in quanto innamorati dallo stipendio, ma senza reale vocazione. #VIDEO A FINE ARTICOLO
Secondo il filosofo, quindi, una parte dei docenti non svolgerebbe il proprio lavoro spinta da passione e missione, ma in quanto facile approdo professionale per molti laureati.
E le accuse non sono terminate. Alcuni insegnanti amerebbero la scuola anche perché “se c’è una scusa per non andare a scuola la si usa“, come nel caso dei molti insegnanti senza Green Pass, che decidono di non vaccinarsi. In linea definitiva la scuola è luogo di occupazione degli insegnanti ancor prima di essere luogo di educazione dei ragazzi.
GALIMBERTI E IL RUOLO DELL’INSEGNAMENTO
Le statistiche Ocse-Pisa, purtroppo, sottolineano come i nostri ragazzi italiani siano tra i più carenti nelle discipline matematiche e scientifiche in generale, quelli che leggono di meno, quelli che effettuano più giorni di assenza e quelli più in difficoltà nella fruizione e nella comprensione di materiale letterario di lunghezza elevata.
A questi dati già allarmanti si associa la situazione attuale pandemica, in cui gli studenti spesso soffrono di una frequentazione scolastica frammentata dalle quarantene. Galimberti dà la sua opinione anche su questo aspetto: il filosofo e scrittore sostiene infatti che mascherine, distanziamenti, dad e lockdown non stanno facendo altro che indebolire ulteriormente una fascia di ragazzi già compromessa da insegnanti innamorati dello stipendio e giudicati scansafatiche.
Insegnanti innamorati dello stipendio, la reazione di Galiano
Non sono mancate reazioni, da diverse parti, ai duri commenti di Galimberti.
Un insegnante indignato per le parole del filosofo, però, spicca tra la moltitudine di voci: Galimberti è stato, infatti, suo relatore di tesi all’università. Lui è Enrico Galiano, insegnante, scrittore e ideatore di una web serie.
Non esattamente innamorato dello stipendio, in quanto lui stesso sottolinea che sia tra i più bassi d’Europa, Galiano è, al contrario dei professori descritti da Galimberti, un insegnante appassionato. La sua vocazione per i ragazzi, a livello didattico ma prima di tutto umano, è inconfondibile: il suo motto è, infatti, “Non ti ascoltano, se tu per primo non li ascolti”.
Galiano difende, dapprima, Galimberti: sostiene che la sua lotta, iniziata già molti tempo fa, non sia contro gli insegnanti ma contro il sistema scolastico, che in fase di reclutamento non tiene conto degli aspetti psicologici, emotivi, motivazionali di chi sceglie questo mestiere ma si limita a un mero conteggio numerico di punti, titoli e formazione di graduatorie. In questo caso sì, si rischia di assumere gente senza reale passione che non dà nessun contributo di valore alla vita dei nostri ragazzi.
Ma Galiano sostiene, anche, che la generalizzazione fatta da Galimberti non sia corretta: le generalizzazioni sono errate a prescindere, e inoltre non può esistere l’amore per uno stipendio che è tra i più bassi rispetto ai colleghi internazionali.
Riguardo agli insegnanti felici di stare a casa e fare didattica a distanza, Enrico Galiano dichiara di non conoscerne e, se esistono, sono davvero un numero molto esiguo.
Le sue parole riguardo la dad, infatti, sono: “la temiamo, ci fa paura, non la vogliamo. Ce la facciamo andare giù solo quando sappiamo che non c’è altro modo, quando ci rendiamo conto che stare in classe è un pericolo per noi e per gli altri, ma se potessimo scegliere non faremmo mai lezione a distanza“.
In conclusione, gli insegnanti appassionati esistono, la vocazione c’è e anche in grandi quantità: chiunque possa passare del tempo tra le mura di una scuola non vede solo insegnanti innamorati dello stipendio che fuggono appena suona la campanella, ma esseri umani empatici che spesso si fanno carico di situazioni complicate, che offrono il loro appoggio a famiglie in difficoltà, asciugano lacrime e disinfettano ginocchia, condividono materiale e strategie coi colleghi e molto altro.
Cambiare la modalità di reclutamento si può e si deve, ma è necessario apprezzare e tenere in considerazione ciò che di buono c’è già nella scuola.