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OPINIONI

Il nome di scuola che vorrei

Il nome per la scuola che vorrei lo so già. Nessun istituto è mai stato intitolato a un personaggio che amo molto, un pensatore, un visionario, un poeta. Non Peppino Impastato, il “poeta della bellezza“. Così si intitolava anni fa un bel progetto di educazione civica sulle mafie, condotto con alcune classi di licei, che ho seguito. L’attività è piaciuta molto: si discuteva, si ascoltavano testimonianze, le ragazze e i ragazzi si mettevano alla prova come attori. Ne è nato un bel video, che probabilmente si trova ancora in rete.

La mafia, le mafie, del resto, esistono ovunque. Pertanto, il nome di una scuola o di una piazza riguarda tutti, a nord come al centro o al sud. Ma comunque, a questo mio personaggio, insegnante e studente perseguitato, vissuto in un’epoca difficile e morto giovanissimo nel 1978, nessuno intitolerà mai nulla. Bocciato per tre volte all’esame di maturità nonostante gli scritti geniali, plurilingue, figlio abbandonato e poi ripreso, scomodo per destino. Per cui, inutile insistere.

L’intitolazione delle scuole in Italia è regolata da una normativa che risale al 1980. La legge prevede che sia il Ministero dell’Istruzione ad autorizzare la scelta, vivendo in una Provincia Autonoma, come nel mio caso, suppongo che la Provincia abbia priorità. L’iter è, come spesso accade, piuttosto lungo. Il fortunato o la fortunata vengono deliberati dal consiglio d’istituto della scuola, una volta sentito il parere del collegio docenti. Quindi, abbiamo già internamente al singolo istituto o complesso due votazioni importanti.

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Occorre tenere presente che sempre, nelle scuole, esistono giustamente tre componenti e rappresentanze, oltre a quelle del personale amministrativo: non sono mai solo gli studenti a decidere. Il consiglio di istituto è formato da tre rappresentanti dei docenti, due (o tre) rappresentanti degli studenti più due rappresentanti dei genitori, oltre che il/la Dirigente. Poi, la delibera passa al Provveditore agli Studi, che consulta il Prefetto e la Giunta Comunale. Se questi sono d’accordo, il Provveditore emana il decreto d’intitolazione che invierà alla scuola e al Ministero, appunto per l’autorizzazione finale. Altrimenti, si rinvia ancora la pratica al dirigente scolastico per un’ulteriore riflessione o si sostituisce il nominativo.

Si tratta di scelte non prive di importanza: nella provincia di Bolzano ad esempio si è discusso a lungo recentemente, con animate prese di posizione, perché si voleva cambiare il nome di un liceo intitolato a Giosuè Carducci. Oppure su un asilo nido che era intitolato a Maddalena di Canossa che doveva cambiare in Ticomaia perché troppo italiano e poco inclusivo. Ma è anche giusto comprendere i criteri e le motivazioni di questi provvedimenti.

Se la scelta ricade su persone morte da meno di dieci anni, la procedura deve essere autorizzata anche dal Ministero dell’Interno, che può emanare una deroga alla legge regia n. 1188 del 23 giugno 1927, che prevede di attendere 10 anni prima di intitolare a un determinato personaggio sia strade che scuole. Quindi, possiamo prendercela comoda e aspettare di riflettere con calma sulla bontà della scelta fatta.

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In ogni caso, se qualcuno intanto mai chiedesse il mio preferito, lo potrei proporre. Esempio perfetto di vittima di un sistema un attimino farraginoso, oltre che di pregiudizi e luoghi comuni. Se verrà il giorno, lo dirò. Per quanto riguarda Peppino Impastato invece mi dispiace veramente: potremmo cercare un po’ di unità di intenti, soprattutto in questo momento in cui il tema “educazione” dovrebbe essere una priorità. Tra studenti, docenti e famiglie. Tutti, insomma.

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