La neuroscienza educativa è un campo multidisciplinare emergente il cui l’obiettivo è di collegare la ricerca di base nelle neuroscienze, psicologia e scienze cognitive, con la tecnologia educativa. David Sousa, consulente e ricercatore in neuroscienze educative, ha rilasciato un’intervista per spiegare la sua opinione sull’importanza del ruolo dell’insegnante in rapporto a questo campo multidisciplinare.
LA FUNZIONE DELLA NEUROSCIENZA EDUCATIVA
Questo campo multidisciplinare permette di studiare la crescita e lo sviluppo del cervello. Ad esempio, è possibile osservare i periodi in cui il cervello impara qualcosa di speciale, come le lingue native o le abilità informatiche. Grazie a queste informazioni, siamo in grado di sapere come dovremmo agire nelle diverse fasi educative, dalla scuola materna alla scuola elementare.
Secondo Sousa, il problema nell’educazione è che non viene ancora data abbastanza importanza alla neuroscienza, nonostante il suo ruolo fortemente positivo nello sviluppo ottimale dei ragazzi. Gli insegnanti dovrebbero iniziare a considerare questo campo multidisciplinare maggiormente, poiché in questo modo saranno in grado di approcciarsi al meglio verso i propri studenti.
IN CHE MODO POSSONO AGIRE GLI INSEGNANTI?
Le lezioni tradizionali sono, purtroppo, ancora troppo spesso basate su un’interazione a un canale solo, in cui l’insegnante parla e lo studente ascolta. Tuttavia, non si tratta del metodo più ottimale per mantenere alta la concentrazione degli studenti, che sono costretti a subire passivamente la lezione.
A maggior ragione negli ultimi anni, con l’avanzamento tecnologico che ha reso l’interazione ancora più semplice ed immediata, questo metodo di insegnamento risulta antiquato. Gli insegnanti di oggi dovrebbero cambiare il focus delle proprie lezioni e promuovere maggiormente gli interventi da parte degli studenti. Questo li renderà più attenti e consapevoli di ciò che stanno studiando, favorendo un apprendimento più rapido e duraturo.
Detto ciò, l’utilizzo della tecnologia può certamente aiutare, ma andrebbe vista come uno strumento di insegnamento, non come l’attore principale. Infatti, il ruolo dell’insegnante in carne ed ossa rimane fondamentale per mantenere alta la concentrazione dei ragazzi. L’ideale sarebbe trovare il giusto equilibrio tra tecnologia e interazione sociale con l’insegnante. In questo modo gli studenti saranno in grado di capire meglio gli argomenti e di ricordarli per più tempo.
UN ESEMPIO PRATICO
David Sousa pone un esempio pratico per far capire meglio il concetto da lui spiegato. Supponiamo di essere un insegnante che sta svolgendo una lezione di storia sulla seconda guerra mondiale. Se dovessimo seguire i metodi tradizionali, svolgeremmo la classica lezione raccontata, senza far partecipare gli alunni in alcun modo.
Ma non vogliamo annoiare i nostri studenti, al contrario vogliamo che apprendano i concetti complessi del secondo conflitto mondiale nel modo più efficace possibile. Decidiamo allora di fare uso della neuroscienza educazionale, avvicinando un argomento apparentemente lontano alla vita quotidiana. Possiamo fare degli esempi di alcune conseguenze del conflitto ancora visibili nella geopolitica attuale, in modo da stuzzicare la curiosità degli alunni.
Il punto fondamentale è di riuscire a trovare un modo innovativo e particolare per coinvolgere l’attenzione e l’interesse dei ragazzi, anche – e soprattutto – quando si tratta di argomenti piuttosto lontani dal loro interesse.