Non è semplice e immediato riuscire a spiegare con poche parole che cosa sia effettivamente la Mindfulness, in quanto si tratta di un’esperienza vissuta, di uno stato mentale e di coscienza: è un modo di prestare attenzione al presente, attimo dopo attimo, al qui e ora (dove sono e in quale momento), intenzionalmente e in modo non giudicante. Si potrebbe dire che la Mindfulness è un “modo di essere”, di vivere la propria quotidianità con consapevolezza, a partire da una profonda attenzione riservata al corpo, alle sensazioni fisiche, agli stati emotivi, ai pensieri che scorrono nella mente.
Mindfulness è la traduzione inglese della parola “sati” (in lingua pali) o “smrti” (in sanscrito), che significa presenza mentale, attenzione al momento presente, al qui e ora, a ciò che sperimentiamo a livello fisico, cognitivo ed emotivo, nel momento stesso in cui ci fermiamo e proviamo a “sentirci”.
In italiano questo termine potrebbe essere tradotto come “consapevolezza intenzionale e presenza mentale”, cioè l’atto di fermarsi a prestare attenzione in modo focalizzato a qualcosa che scelgo intenzionalmente di osservare, che sia dentro di me o intorno a me.
La Mindfulness è un concentrato e una sintesi degli insegnamenti di origine orientale, come la filosofia Zen, la meditazione e lo yoga, inseriti in un contesto occidentale, validato scientificamente e utilizzato anche in ambito clinico/terapeutico. Il primo a riuscire in quest’opera di sintesi e di adattamento al contesto occidentale delle idee, delle pratiche e degli interventi che oggi vanno sotto il nome di Mindfulness fu Jon Kabat-Zinn, un biologo e professore della School of Medicine dell’Università del Massachusetts che, a partire dal 1979, ha sviluppato un protocollo per introdurre la “meditazione di consapevolezza” come intervento in alcuni contesti clinici, al fine di provare a ridurre il dolore e lo stress dei pazienti ospedalizzati, considerandola come una valida alternativa da affiancare ai classici trattamenti farmacologici.
Il programma di intervento (chiamato protocollo Mindfulness Based Stress Reduction, o MBSR) fu ideato da Kabat-Zinn per pazienti affetti da dolore cronico o malattie terminali, ma è stato in seguito applicato con successo anche ad altre condizioni cliniche (fisiche e psicologiche), riportando risultati sorprendenti, dimostrati empiricamente da studi e ricerche.
MINDFULNESS: COSA NON È
Nell’ottica di inquadrare concettualmente il fenomeno ed evitare facili fraintendimenti, può essere utile provare anche a spiegare che cosa la Mindfulness NON è:
- non è una fuga dalla realtà: è esattamente il contrario, ovvero la consapevolezza di essere profondamente radicati nella realtà, nel momento presente, nel qui e ora;
- non è una forma mistica di trance o un’esperienza extrasensoriale: la Mindfulness è caratterizzata da presenza psicologica e da fisicità, entrambe contraddistinte da lucidità e chiarezza rispetto alle proprie sensazioni fisiche, ai pensieri e alle emozioni che si susseguono attimo dopo attimo. È concretezza e ancoraggio al presente;
- non è una pratica religiosa: varie religioni promuovono la presenza mentale e la meditazione, ma la Mindfulness in sé non è una pratica religiosa, bensì un processo studiato in ambito scientifico e validato da studi e ricerche;
- non è una semplice tecnica di meditazione: non è una strategia o una tecnica, ma qualcosa di più ampio e comprensivo, un’attitudine, un approccio globale alle esperienze della nostra esistenza, un “modo di essere”.
In sintesi, quando parliamo di Mindfulness non dobbiamo pensare a una tecnica di rilassamento. Non serve per distrarsi, non pensare e ottenere il silenzio della mente ma, al contrario, è proprio lo stato mentale che ci permette di essere consapevoli di tutto quello che possiamo percepire con i nostri sensi. Non è uno spegnersi, ma un attivarsi, un risveglio: si tratta di usare la mente in maniera osservativa ed esplorativa, invece che valutativa e giudicante, come abitualmente siamo portati a fare. Questo non significa che la Mindfulness sia una forma di “buonismo” che ci spinge ad accettare tutto e tutti in modo passivo e acritico, in nome dell’accettazione fine a sé stessa, ma vuol dire esercitarsi ad accogliere e vivere ciò che sperimentiamo in modo intenzionale, consapevole, con gentilezza e con rispetto per noi stessi/e e per gli altri/le altre.
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I BENEFICI DELLA MINDFULNESS
Numerose sono le ricerche e le pubblicazioni che hanno evidenziato i molteplici benefici derivanti dalla pratica assidua e costante della Mindfulness. In generale, sono state identificate tre macro aree in cui la Mindfulness esercita un’efficacia concreta e misurabile:
- l’area psicologica;
- l’area relazionale;
- l’area fisiologica/corporea.
AREA PSICOLOGICA
- Sviluppa la consapevolezza e l’accesso alle proprie risorse interiori grazie alla capacità di entrare in contatto con se stessi/e a tutti i livelli: sensoriale, cognitivo, emozionale.
- Migliora la capacità di adattarsi in situazioni complesse ed emotivamente stressanti.
- Sviluppa la responsabilità personale.
- Aumenta la capacità di attenzione.
- Facilita i processi legati alla memoria.
- Promuove atteggiamenti non giudicanti.
- Migliora la gestione di molti stati psicopatologici (depressione, ansia, panico, dipendenze, disturbi del sonno e del comportamento alimentare).
- Aumenta le capacità intuitive e le abilità di problem solving.
AREA RELAZIONALE
- Aumenta l’apertura mentale e la capacità di ascolto priva di pregiudizio verso gli altri.
- Migliora l’attenzione all’altro/a e alla qualità della relazione.
- Accresce la curiosità, la fiducia e l’empatia.
- Aumenta l’equilibrio emotivo: migliora la capacità di riconoscere le emozioni e di gestire quelle negative, senza farsi travolgere da esse e senza mettere in atto comportamenti disfunzionali.
- Riduce la rabbia e i comportamenti impulsivi.
AREA FISIOLOGICA/CORPOREA
- Riduce la sensibilità al dolore.
- Migliora il sistema immunitario.
- Aiuta a liberarsi dalle dipendenze: fumo, alcool, droghe, cibo.
- Migliora la qualità del sonno.
- Aiuta a rallentare il decadimento cognitivo provocato dall’invecchiamento.
EVIDENZE SCIENTIFICHE
Nell’ultimo decennio diverse ricerche e molteplici studi scientifici si sono concentrati per identificare le regioni cerebrali e le reti neuronali che possono subire eventuali modificazioni strutturali e funzionali in relazione alla pratica costante della Mindfulness. In particolare, gli studi più recenti nell’ambito delle neuroscienze hanno avuto come scopo quello di identificare eventuali correlazioni tra quest’attività e la riduzione dello stress, la regolazione delle emozioni e l’aumento generale del benessere psicofisico.
I risultati di queste ricerche attestano in modo inequivocabile che praticare costantemente la Mindfulness porta a modificazioni strutturali o funzionali in diverse regioni del cervello, con conseguenti effetti positivi sul benessere psicofisico dell’individuo:
- la corteccia frontale polare, che gli studi suggeriscono essere correlata al potenziamento dell’abilità di meta-consapevolezza;
- le regioni corticali sensoriali e l’insula, aree deputate alla consapevolezza del corpo;
- l’ippocampo, struttura correlata ai processi della memoria;
- la corteccia cingolata anteriore, la corteccia cingolata media, la corteccia orbitofrontale, aree correlate all’attenzione e alla focalizzazione;
- l’amigdala, struttura nota per essere correlata alla regolazione delle emozioni;
- il fascicolo longitudinale superiore e il corpo calloso, strutture coinvolte nella comunicazione intra e interemisferica.
In ultima analisi, i risultati confermano pienamente le ipotesi sui benefici che la Mindfulness può portare a chi la pratica, in particolare con riferimento alle tre macro aree oggetto di ricerca, ovvero i processi mentali collegati all’attenzione e alla memoria, la regolazione delle emozioni e la consapevolezza (di sé, del proprio corpo e degli stati cognitivi ed emotivi).
MINDFULNESS E SCUOLA
L’età evolutiva non è certamente priva di fattori stressanti. I bambini e le bambine oggi si confrontano con una quantità di stress maggiore rispetto al passato: i ritmi frenetici con cui si susseguono le diverse attività all’interno delle giornate, i molteplici impegni scolastici, sportivi e sociali e le richieste sempre maggiori cui si trovano a dover far fronte li mettono in una condizione di fatica e di disagio psicologico. Non c’è da stupirsi quindi se, a causa del carico di stress a cui sono sottoposti e dei numerosissimi stimoli che ricevono, non siano facilitati in tutti quei processi di regolamentazione delle emozioni, di concentrazione, di mantenimento dell’attenzione e di gestione dell’impulsività che stanno alla base del processo di apprendimento e, più in generale, del loro percorso di crescita.
In realtà, sin dall’infanzia i bambini e le bambine possiedono una predisposizione naturale e innata all’essere focalizzati sul momento presente e a esprimere in modo genuino e diretto le loro emozioni, senza preoccuparsi del giudizio degli altri. Ciò è sicuramente un ottimo punto di partenza, ma è fondamentale e necessario che questa loro predisposizione venga continuamente stimolata e rinforzata dall’ambiente e dagli adulti di riferimento, in particolare nel contesto scolastico.
La scuola, infatti, il luogo in cui il bambino/la bambina trascorre diverse ore della sua giornata per gran parte dell’anno, è l’ambiente in cui si costruisce il sapere e si trasmette la conoscenza, ma è anche e soprattutto il luogo dove si allenano moltissime altre competenze: le abilità sociali, emotive e relazionali.
Alla base di tutte queste troviamo la consapevolezza di sé, ovvero la capacità di essere ancorati al presente, di sentire il proprio corpo, le emozioni e i propri pensieri nel qui e ora, senza giudicarli e senza cercare di combatterli, ma semplicemente osservandoli con gentilezza.
Insegnare al bambino/alla bambina ad avere una maggiore consapevolezza di sé significa ottenere risultati anche per quanto riguarda lo sviluppo dell’empatia, di competenze socio-emotive e di tecniche per accettare e vivere senza frenesia e senza giudizio il presente: tutto questo comporta una riduzione degli automatismi dettati dall’impulsività e dall’incapacità di autoregolarsi e, in ultima battuta, permette di accrescere il benessere psicologico e relazionale generale, sia del/della singolo/a bambino/a che della classe intera. In quest’ottica, la Mindfulness a scuola può essere un valido strumento per educare alla consapevolezza, per aumentare il livello di attenzione, ma anche per potenziare il pensiero critico e la creatività, migliorare le relazioni tra pari, l’equilibrio emotivo e la socializzazione.
Nello specifico, i principali benefici dovuti a una pratica costante della Mindfulness in classe sono:
- sviluppo di una maggiore autoconsapevolezza del proprio corpo e delle proprie emozioni;
- miglioramento del rendimento scolastico grazie a una maggiore capacità di attenzione e concentrazione;
- riduzione di stress, tensione, irrequietezza, ansia;
- maggiore capacità di autoregolazione e controllo degli impulsi;
- rinforzo dell’autostima;
- riduzione della rabbia e di comportamenti aggressivi e violenti;
- sviluppo di comportamenti prosociali, legati a maggior empatia e intelligenza emotiva;
- miglioramento delle relazioni all’interno della classe e aumento della cooperazione, del confronto e della condivisione tra compagni.
LA MINDFULNESS IN CLASSE
Il lavoro sulla Mindfulness richiede tempi piuttosto lunghi e molta costanza; è una sorta di allenamento psicofisico e bisogna procedere gradualmente, per piccoli passi, lavorando sui gesti quotidiani.
La Scuola Primaria è un ottimo punto di partenza per introdurre la Mindfulness perché i bambini/le bambine hanno una mente aperta e non condizionata, che non si aspetta nulla: sono in grado di accogliere ciò che arriva così com’è e sono quindi disposti ad avvicinarsi a una nuova esperienza forse anche più facilmente degli adulti.
Ci sono molti progetti di Mindfulness ideati per le scuole, in primis legati alla formazione dei/delle docenti: per cominciare ad attuare questa pratica con i bambini e le bambine è fondamentale non improvvisare e non inventare nulla. È importante prima di tutto fare esperienza diretta di Mindfulness e prendere confidenza con la pratica; quindi si potrà iniziare a proporre delle attività pensate proprio per gli alunni e le alunne.
All’inizio non sarà semplice mantenere un buon livello di concentrazione in classe, ma si può cominciare con pratiche molto brevi, di 5-10 minuti al massimo, in cui i bambini/le bambine vengono invitati/e a chiudere gli occhi e a respirare lentamente, prima in modo spontaneo, poi guidati/e nel far entrare un po’ di aria dal naso e farla uscire dalla bocca. In questo modo saranno focalizzati/e esclusivamente sul momento in cui stanno respirando, cioè sul momento presente.
È quasi scontato che, per un’attività così importante per i benefici che può portare, i bambini/le bambine debbano trovarsi in una condizione di assoluto agio; per questo motivo è importante anche lo spazio scelto, così come la posizione da tenere: l’ideale sarebbe farli sedere a terra, magari con dei cuscini, in modo che ciascuno scelga come e dove posizionarsi.
La pratica della respirazione consapevole è il punto di partenza per iniziare a rilassarsi e “guardarsi dentro”. Una volta che l’aria entra nel corpo deve essere guidata come se andasse a riempire tutti gli spazi (la testa, la pancia, le gambe, ecc.). Lo scopo è quello di imparare a conoscere il proprio corpo “da dentro”: si vanno a “osservare” le proprie sensazioni fisiche, i pensieri che attraversano la mente e le emozioni che “abitano” il corpo.
Alla fine dell’attività i bambini/le bambine possono raccontare alla classe l’esperienza che hanno appena vissuto, in un momento finale di condivisione assolutamente libera e spontanea.
Questi momenti possono ripetersi anche quotidianamente se sono di breve durata; a mano a mano che le sessioni si allungheranno è preferibile mantenere la media di una volta a settimana, con durata di 30-40 minuti.
Non bisogna comunque dimenticare che le pratiche della Mindfulness sono tante e diverse, e bisogna strutturare un progetto ben preciso per fissare esattamente ciò su cui si vuole lavorare con la propria classe, per quanto tempo, e con quali modalità. Gli obiettivi sul lungo termine saranno gratificanti sia per l’insegnante, sia per gli alunni/ le alunne e per la classe nel suo complesso.