La gestione delle emozioni è una delle dieci competenze che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “life skills”, ovvero abilità sociali, cognitive e personali per affrontare con positività le sfide che la vita ci propone.
Ma per gestire le emozioni è necessario riconoscerle e governarle. Le emozioni hanno implicita la parola movimento (dal latino “moveo”), cioè una tendenza ad agire e, come sostengono i sociobiologi a partire dagli anni ’70, ci guidano nell’affrontare situazioni e compiti difficili che non possono essere affidati solo alla mente. Con lo sviluppo dell’intelligenza emotiva si sviluppano anche le capacità intellettuali e ciò favorisce l’armonia tra mente e cuore.
Paradossalmente oggi si parla di crisi morale profonda della nostra società e si evidenziano i casi negativi per avvalorare questa tesi. Crediamo occorra, invece, cambiare prospettiva. Non “spaccare tutto”, ma “aggiustare tutto”, cioè osservare il malessere emozionale dei bambini e cercare di condurli verso l’interpretazione dei loro sentimenti, insegnando ciò che potremmo definire per l’appunto: “l’alfabeto delle emozioni”.
È proprio la neuroscienza, cioè ciascuna delle discipline che studiano la struttura e il funzionamento del sistema nervoso, a sostenere che lavorando con la prospettiva di controllare le nostre emozioni, aiutare gli altri, cooperare e stabilire buone relazioni sociali, potremo sperare in un domani migliore. Lavorare oggi per domani è ciò che appartiene anche alla scuola.
Ci sono così tante emozioni, da non possedere tutte le parole per ogni sottile sfumatura. I ricercatori continuano a discutere su quali siano le primarie. Alcuni teorici propongono famiglie di emozioni fondamentali: la gioia, la tristezza, la paura, l’amore, il disgusto, la rabbia, la sorpresa, la vergogna, e ognuna prepara il corpo a un tipo di risposta molto diversa. È come se dentro di noi ci fossero due modalità di conoscenza: quella della mente razionale, in cui domina la capacità di soppesare e riflettere e, accanto, la mente emozionale forte e istintiva.
Sappiamo che un bambino di 6/7 anni, come ci insegna Jean Piaget, è ancora nel periodo “dell’egocentrismo infantile”, una fase di crescita in cui si relaziona con il mondo dal proprio punto di vista. Perciò nella scuola, con i bambini di questa età, possiamo iniziare a costruire questo percorso impegnativo partendo da quelle che vengono chiamate “soft skills primarie”, che riguardano l’intelligenza emotiva e la consapevolezza di sé in relazione all’altro.
Sono competenze trasversali che possiamo esercitare in ogni tipo di attività scolastica, attraverso:
- la collaborazione e l’aiuto reciproco;
- il rispetto dell’altro, l’accoglienza della diversità e l’inclusione;
- il riconoscimento delle abilità e dei “ruoli”;
- il piacere di svolgere adeguatamente il proprio lavoro con attenzione anche ai piccoli particolari;
- lo sviluppo della fantasia e della creatività.
Dunque, il ruolo dei docenti è fondamentale, ed è da espletare con l’autorevolezza, non con l’autorità. Come sappiamo tutti, un docente è autorevole quando, oltre a conoscere bene le sue materie, ha la capacità di condurre la classe verso obiettivi condivisi. Per essere insegnanti più efficienti ed efficaci diamo allora uno “sguardo” alla “finestra di tolleranza”, concetto sviluppato da Daniel Siegel, psichiatra infantile statunitense.
Immaginiamo una finestra divisa in tre parti in senso orizzontale, dove ci sia: al centro la zona ottimale di tolleranza, in alto una zona di iperattività e, in basso, una zona di attività insufficiente.
- Nella zona ottimale di tolleranza ci si sente abili a risolvere i problemi e ad affrontare ciò che accade nella vita.
- Nella zona di iperattività si provano ansia, rabbia, mania di controllo, pensieri ossessivi.
- Nella zona di attività insufficiente ci sono noia, senso di vuoto, difficoltà a concentrarsi.
È perciò che, come docenti, dobbiamo sempre cercare di non essere nella zona di disagio in cui si trova il bambino/a, perché in questo modo non saremmo di aiuto, anzi finiremmo in quello che si chiama “allagamento emotivo.”
Ed è proprio questo filo che ci ha guidato nella scrittura del Metodo di Festa a Sorpresa , il sussidiario del primo ciclo della scuola primaria di cui siamo autrici. A sostegno di un rigoroso impianto didattico basato sul metodo fono-sillabico, abbiamo raccontato un’allegra storia che si dipana pagina dopo pagina, e abbiamo anche disseminato il libro di tante schioccanti filastrocche per far ricordare meglio le difficoltà fonetiche.
FESTA A SORPRESA
Scopri il nuovo sussidiario del primo ciclo della scuola primaria di Liliana e Maria Loretta Giraldo
Poi, proprio prendendo spunto dalla storia, abbiamo pensato di dar vita a una guida per gli insegnanti, strutturata in tre punti per ogni pezzo di storia e per ciascuna lettera dell’alfabeto. Punti che abbiamo chiamato:
- spunti e proposte, per le conversazioni;
- intreccio di sentimenti ed emozioni, nato dall’intento di esprimere, con il suo nome, il sentimento sotteso di ogni personaggio della storia;
- laboratorio. Ad ogni sentimento è dedicato un laboratorio, di vario genere: arte, musica, educazione motoria, storia…, pianificato, multidisciplinare, individuale o di gruppo, utile allo scopo di lavorare sulle emozioni.
Il risultato è un percorso emotivo da fare con i bambini e le bambine per iniziare a chiamare per nome tutti i sentimenti, che hanno pari dignità, e che suggerisce la necessità di insegnare quello che potremmo chiamare “alfabeto emozionale”, per orientare le emozioni alla positività e nella giusta direzione per risolvere i problemi e per interagire con gli altri. Dunque, un vero e proprio progetto didattico ricco di spunti, di riflessioni e di laboratori.