Tornano a parlare di scuola il filosofo Umberto Galimberti e il sociologo Paolo Crepet. Lo fanno da invitati a due trasmissioni diverse, ma con due visioni fra le quali è impossibile non trovare punti in comune. Se per il primo sarebbe da abolire la presenza dei genitori a scuola, il secondo punta il dito sull’eccessivo controllo esercitato nei confronti dei giovani, anche dalle famiglie.
Le due posizioni non segnalano tanto dei malumori condivisi, quanto la profondità delle crepe che hanno afflitto il mondo scolastico negli ultimi anni. Con uno sguardo al futuro, e alle possibili soluzioni da adottare.
Secondo Galimberti è necessario abolire la presenza dei genitori
Ospite al programma di La7 “La Torre di Babele”, condotto da Corrado Augias, Umberto Galimberti ha avuto l’opportunità di parlare della scuola. In particolare, il filosofo si è concentrato sul rapporto fra docenti, studenti e genitori e su come questo rapporto influisca sulla scuola nella sua interezza. Per Galimberti, infatti, è necessario abolire la presenza dei genitori alle superiori.
Insomma, le eccessive interferenze dei genitori a scuola finiscono per minare alla base il ruolo stesso dell’istruzione, e di certo non fanno il bene dei loro figli. Né la scuola è esente da critiche: per Galimberti quando va bene la scuola istruisce ma non educa. Se da una parte è impossibile fare di meglio con classi di 30 persone, dall’altra sono gli stessi docenti a equivocare la loro funzione.
Violenza contro insegnanti e presidi, le ragioni di Crepet
Cerca di analizzare un quadro più ampio Paolo Crepet, intervenuto alla trasmissione La Volta Buona su Rai 1. Di fronte a una scuola in cui aumenta la violenza contro insegnanti e presidi, è necessario innanzitutto analizzare le cause, e poi delineare un insieme di soluzioni. Per il sociologo, le ragioni che stanno alla base delle aggressioni a scuola e della violenza in aumento sono sostanzialmente tre:
- Famiglia assente. Si tratta di una posizione solo in apparenza diversa da quella che abbiamo visto nel paragrafo precedente: l’assenza di trasmissione dei valori da parte dei genitori rappresenta un problema che porta i giovani a cercare modelli effimeri, magari sui social network.
- Genitori iperprotettivi. Per Crepet, che qui esplicita la consonanza della sua visione con quella di Galimberti, i genitori sono iperprotettivi e ansiosi, condizioni che li spingono a una presenza eccessiva a scuola nel tentativo di controllare il percorso dei loro figli. Si tratta di un atteggiamento che mina l’autorità dei docenti e il ruolo della scuola stessa.
- Meritocrazia soltanto a parole. La tendenza a premiare i risultati mediocri e a non incentivare l’impegno personale, conseguenze anche di una scuola con classi di troppi studenti, porta anche a una meritocrazia che esiste soltanto a parole.
Le possibili soluzioni: basta genitori e registro elettronico
Pur nelle rispettive critiche, Galimberti e Crepet non rinunciano a proporre alcune soluzioni per la scuola. Secondo il filosofo, è centrale la figura del docente: pagati poco ma a vita, gli insegnanti devono tornare a essere carismatici e a comunicare con gli studenti. Non basta vincere un concorso che misura la cultura di un docente: d’altronde insegnare non è un mestiere ma, per Galimberti, passione o disposizione psicologica.
Oltre al ruolo dei docenti, Crepet propone di limitare l’ingresso dei genitori nelle scuole e di conseguenza anche il numero dei colloqui. Ma non è tutto: l’eccessivo controllo esercitato sugli studenti passa anche da alcune pratiche scolastiche, come il registro elettronico. Per il sociologo, è necessario abolirlo e promuovere in questo modo l’autonomia dei ragazzi.
Peraltro, non si tratta neanche di una provocazione. Di recente, proprio una scuola ha deciso di sospendere il registro elettronico con delle motivazioni simili. L’Istituto Comprensivo Barsanti di Firenze intende sfruttare questo esperimento per promuovere un uso più equilibrato della tecnologia a scuola. Che sia l’inizio di un cambiamento verso una scuola più consapevole è ancora presto per dirlo. Ma di certo non fa male pensarlo.