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SCUOLA DIGITALE

Meta vuole conquistare la scuola, annunciando un Metaverso didattico entro il 2024 anche per l’Italia: “Invece di studiare i dinosauri, gli alunni cammineranno in mezzo a loro”

Da quando è stato annunciato, il Metaverso ha fatto molto parlare di sé e non sempre in positivo. Dopo le prime introduzioni in ambito lavorativo, adesso il Metaverso potrebbe arrivare nel mondo della scuola. Secondo Meta, infatti, è arrivato il momento di rivoluzionare l’apprendimento all’interno di un’aula e renderlo molto più dinamico. Vediamo di cosa si tratta, e se davvero è questo il futuro della scuola.

Annunciato il Metaverso didattico

Come riportato da Ansa link esterno, Meta ha annunciato un nuovo programma che riguarda il Metaverso e, in particolare, un nuovo prodotto didattico per i dispositivi Quest. In pratica, nelle intenzioni dell’azienda di Mark Zuckerberg sarà possibile sfruttare i vantaggi della realtà virtuale anche nell’apprendimento in classe. Nel comunicato pubblicato da Meta link esterno, infatti, si legge che questa iniziativa

permetterà a insegnanti, formatori e amministratori di accedere a una gamma di app e funzionalità specifiche per l’istruzione e di gestire più dispositivi Quest contemporaneamente, senza la necessità di aggiornare ciascun dispositivo in un’aula o in un ambiente di formazione

Questo nuovo servizio sarà disponibile per i Paesi che già supportano Quest for Business, l’iniziativa che unisce il Metaverso con l’ambito lavorativo. L’obiettivo, com’è facile intuire, è quello di rendere digitale un luogo fisico qual è un’aula scolastica. Lezioni virtuali, apprendimento più dinamico, maggiori possibilità di interazione rappresentano quindi l’orizzonte della tecnologia. Ma davvero è fattibile?

Come funzionerà

Secondo Meta, è possibile rendere più autonoma la gestione delle lezioni virtuali, consentendo quindi agli studenti di avviare le fasi di apprendimento in modo indipendente. L’idea alla base di questo sistema è quella di superare i limiti di un luogo fisico, per esempio un’aula, e quindi offrire esperienze educative avanzate. Usare il Metaverso a scuola potrebbe quindi rendere possibili anche cose impossibili nel mondo reale. Si legge nel comunicato:

Invece di spiegare agli studenti com’erano i dinosauri, possono camminare in mezzo a loro. È possibile costruire laboratori scientifici virtuali e riempirli di attrezzature che la maggior parte delle scuole non potrebbe mai permettersi. Le lezioni possono andare in gita nei migliori musei, non importa quanto siano lontani.

Visto in questo modo, l’uso del Metaverso a scuola sembra quasi una rivoluzione, un salto nel futuro atteso per troppo tempo: le stesse sensazioni che il Metaverso stesso aveva risvegliato nella sua presentazione. Eppure, già il poco che sappiamo solleva diversi dubbi e interrogativi.

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La prima sperimentazione a Milano

Infatti, il Metaverso è una tecnologia privata sotto il controllo di un’azienda privata, aspetto che può riguardare la privacy degli studenti, la sicurezza delle soluzioni implementate, l’accessibilità ai dispositivi Quest da parte delle scuole. Inoltre, immergersi in un mondo virtuale e gestire autonomamente le lezioni potrebbe portare a distrazioni, con una conseguente diminuzione della qualità dell’insegnamento e aumento dell’isolamento sociale. D’altronde, l’uso della tecnologia a scuola va bene ma soltanto se consapevole, sia da parte dei docenti che da parte degli studenti.

Forse anche per affrontare questi dubbi, un istituto paritario di Milano introdurrà il Metaverso già dal prossimo anno scolastico link esterno. Si tratta di una sperimentazione che prevede l’uso quotidiano del metaverso in tutte le materie. Oltre a costituire un’occasione per testare con mano potenzialità e rischi del Metaverso a scuola, questa sperimentazione permetterà di valutare l’effettiva utilità della tecnologia. D’altronde, l’evoluzione tecnologica non è necessariamente né sempre qualcosa di positivo: ancora oggi diverse ricerche concordano nel dire che la scrittura in corsivo è fondamentale per lo sviluppo delle nostre abilità cognitive. E lo fanno in un mondo contemporaneo ormai completamente digitalizzato. O quasi.

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