Nelle recenti occupazioni scolastiche avvenute nei licei milanesi, il tema è sempre lo stesso: disagio da troppo stress che accumunerebbe gli allievi del classico Manzoni, dell’artistico Boccioni, ma anche del Tito Livio e Severi-Correnti, che hanno dato il via alla protesta.
Di occupazioni se ne parla con regolarità annuale, ma questa è la prima volta che una trama simile viene esposta come ragione principale del malcontento degli studenti.
Sarebbe il malessere da troppa pressione a indurre i ragazzi ad alzare la voce, così da portare all’attenzione degli adulti il loro disagio. Fermano le lezioni per via delle scelte ministeriali, come è sempre successo nel corso degli anni, ma soprattutto perché la sofferenza all’interno delle mura scolastiche è il riflesso delle preoccupazioni che ci sono anche al di fuori delle stesse.
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Apprensione costante e continua ricerca del merito e dell’eccellenza
«La scuola, lo spazio che viviamo e attraversiamo per la maggior parte del nostro tempo dovrebbe essere il luogo fondamentale per la formazione di tanti giovani», è l’esordio del collettivo che fa capo al liceo Manzoni.
In seguito a un sondaggio tra i ragazzi, sarebbe emersa una notevole maggioranza che denuncia la persistente e continua apprensione per la ricerca dell’eccellenza e della valutazione costante da parte del corpo docente. Le percentuali dichiarate non solo confermerebbero il clima soffocante e opprimente vissuto dagli studenti, ma anche che questa sensazione si spinga ben oltre la semplice tensione e nervosismo da verifica.
E che ciò si rifletta anche in altri istituti, indica che il caso del Manzoni non sia isolato. Non si tratta di essere pigri o svogliati, in quanto i ragazzi puntano il dito sul sistema scolastico che schiaccia lo studente, che lo sfibra e lo demotiva, piuttosto che agevolarlo lungo la strada di quell’eccellenza auspicata. A ciò vanno aggiunti anche problemi strutturali, quali le carenze nei servizi igienici e nell’illuminazione, nonché nel riscaldamento che non è stato attivo nel corso di questi mesi particolarmente rigidi. Si tratta in ogni caso di sfumature di contorno, che ruotano intorno a un problema centrale ben diverso: l’ansia, lo stress, il disagio da troppa pressione e da troppe aspettative.
Tanto è vero che gli studenti non puntano sul vecchio voto di sufficienza politica nelle loro richieste al Ministero, quanto più sulla formazione dei docenti in modo che possano “aiutarli a crescere” con ritmi di studio e valutazione che siano sostenibili.
Perché quella che vogliamo non è una scuola dell’umiliazione, statica e fine a sé stessa. Vogliamo una scuola che non ci contenga in una bolla nozionistica, ma che ci proietti nel futuro
Le reazioni da parte dei dirigenti scolastici sono tuttavia orientate verso l’annullamento delle gite scolastiche, che finalmente avrebbero riunito i ragazzi dopo anni di limitazioni legate al Covid. Un buco nell’acqua, per quanto una riflessione sul loro malcontento meriterebbe comunque di essere affrontata.