La questione dello smartphone a scuola è forse fra le più dibattute negli ultimi anni. Da una parte ci sono gli ottimisti, secondo i quali è più importante insegnare a usare lo smartphone in modo corretto che vietarlo tout court. Dall’altra parte ci sono i critici, per cui usare lo smartphone a scuola non fa bene agli studenti sul lungo periodo. Diversi Paesi hanno già vietato in qualche modo questo tipo di “ingerenza” tecnologica nelle classi, mentre altri tentano un approccio diverso. Dal canto suo, l’Italia cerca di prendere posizione ma, come spesso accade, la realtà è più sfumata. Insomma: è meglio vietare lo smartphone a scuola oppure no?
le linee guida di Valditara
L’uso del cellulare a scuola è vietato sin dal 2007, quando il Ministro dell’Istruzione era Giuseppe Fioroni. Negli ultimi anni, per fini didattici e inclusivi, è invece permesso l’uso dello smartphone in classe sotto la supervisione del docente. Entrambe le posizioni esemplificano bene la dualità della tecnologia in quanto strumento scolastico, ma non bastano da sole a trovare una soluzione condivisa ed efficace.
Di recente, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha annunciato la necessità di nuove linee guida sulla questione. Il loro obiettivo sarà quello di limitare l’uso di smartphone e tablet a scuola, soprattutto nella scuola primaria e secondaria di primo grado. La ragione è comprensibile: i bambini rischiano di diventare dipendenti dalla tecnologia, soprattutto dai dispositivi più utilizzati nella giornata. Secondo una ricerca, peraltro, il 20% dei bambini italiani ha difficoltà a scrivere in corsivo proprio per colpa di smartphone e tablet. Insomma: l’impatto della tecnologia a scuola non può essere ridotto a una mera contrapposizione fra ottimisti e critici. Servono linee guida chiare e sufficientemente specifiche, che sappiano considerare i benefici della tecnologia e i suoi limiti.
Vietare lo smartphone a scuola
Uno dei dilemmi che le famiglie si trovano ad affrontare riguarda proprio l’uso dello smartphone per i figli, non soltanto a scuola. In molti sono concordi che nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado sia possibile fornire ai figli uno smartphone. Molti genitori, per esempio, decidono di concedere uno smartphone mentre altri vietano l’uso di dispositivi del genere: da una parte c’è però il rischio di una dipendenza digitale, dall’altra parte c’è la possibilità che il bambino si senta isolato.
Nel Regno Unito, per esempio, da un gruppo WhatsApp è nato il movimento Smartphone Free Childhood (infanzia senza smartphone) che mira a vietare del tutto l’uso degli smartphone ai bambini. L’accesso al telefono sarebbe posticipato a 14 anni, mentre quello ai social media dovrebbe attendere i 16 anni. In Francia, invece, l’associazione Internet Sans Crainte (internet senza paura) sostiene come il divieto assoluto non sia la soluzione. Al contrario, è necessario instaurare con i propri figli un dialogo costante, educandoli sull’uso responsabile della tecnologia, sull’importanza dei dati personali, sui pericoli del web. Ma non è così facile.
Smartphone no ma tecnologia sì
In un contesto del genere, è necessario trovare un equilibrio fra l’importanza dell’uso della tecnologia a scuola e la prevenzione del rischio di dipendenze digitali, soprattutto da parte degli alunni più piccoli. Secondo molti, le limitazioni da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito possono attutire il problema, almeno nella scuola primaria e secondaria di primo grado. La risposta tuttavia non può consistere in un mero divieto, che di fatto impedisce la formazione di giovani consapevoli.
In un recente articolo sulla questione , Avvenire guarda alle limitazioni soltanto come un primo, necessario passo per una crescita digitale consapevole. Allo stesso tempo, per poter insegnare questa consapevolezza è necessario formare docenti e genitori sulle opportunità e sui pericoli della tecnologia. Vietare o meno l’uso dello smartphone a scuola rappresenta quindi soltanto una parte della soluzione, così come educare gli studenti all’uso responsabile del digitale. Come sempre, l’approccio migliore è quello più ragionato ed equilibrato, ma richiede che tutti facciano la loro parte. Con o senza tecnologia.