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DISLESSIA

Un insegnante empatico è il miglior strumento compensativo per un alunno con DSA

“Certi professori non capiscono l’impegno e la fatica che ogni ragazzo con DSA affronta tutti i giorni per essere al passo con il resto della classe. Il più delle volte non viene riconosciuto e questo non aiuta l’autostima dei ragazzi”.

“E poi trovi con insegnanti che non sanno fare il loro dovere, non sanno affrontare la situazione, ed ecco che fanno danni nel corso del tempo e i ragazzi si portano dietro gli strascichi”.

“Anche io ho avuto molti problemi per mia figlia ma è stata aiutata dalla logopedista e da molti insegnanti che hanno creduto in lei… purtroppo non tutti gli insegnanti vogliono collaborare e hanno la tendenza a emarginare questi ragazzi”.

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Questi sono solo alcuni dei commenti, su un gruppo social, di genitori con figli con DSA. Ce ne sono tantissimi, ognuno riporta esperienze positive o negative, ma le esperienze negative hanno tutte un comune denominatore: insegnanti che non comprendono le difficoltà più intime degli alunni con DSA e tendono a peggiorare la situazione, spesso in modo scoraggiante, spesso in modo irreversibile.

Ogni alunno di qualsiasi ordine e grado di scuola ha obiettivi da raggiungere. Gli alunni con DSA possono usufruire di strumenti dispensativi (evitare di leggere a voce alta, avere un carico di lavoro minore…) o compensativi (uso di calcolatrice, uso di un lettore vocale…) che vengono pianificati da insegnanti e specialisti in sinergia, per aiutarli a raggiungere gli obiettivi con le loro capacità e competenze, senza che il DSA impedisca la loro fioritura, senza essere penalizzati.

Gli obiettivi da raggiungere e gli strumenti compensativi e dispensativi si possono pianificare nel piano didattico personalizzato, condividere con genitori e specialisti e sottoscriverli. Ma quegli obiettivi e quegli strumenti non sono niente se alla base non c’è il miglior strumento compensativo, quello più importante: un insegnante empatico e attento.

Un insegnante attento è in grado di capire quando è ora di fare una pausa, quando il compito sta diventando troppo frustrante e l’autostima del ragazzo è a repentaglio, quando c’è bisogno di un’iniezione di autostima, quando quella cosa, il ragazzo, davanti agli altri proprio non vuole farla. Un insegnante empatico prende metaforicamente per mano il suo alunno  per accompagnarlo nell’apprendimento, perché per gli alunni con DSA il viaggio è un po’ più difficile ma è possibile.

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Nessuno si sognerebbe di pretendere che un pesce voli o che una tartaruga corra: gli alunni con DSA possono fare molto e raggiungere risultati brillanti se in possesso degli strumenti che abbattono le loro barriere. Lo strumento più grande e che può fare davvero la differenza è un insegnante che abbia davvero coscienza di questi strumenti e della loro applicazione, ma che non si limiti ad applicarli in modo fiscale e didascalico.

Indubbiamente non è facile e non si può leggere nella mente dei ragazzi, si deve, anzi, incoraggiare la comunicazione: è necessario però tenere a mente che spesso i ragazzi con DSA si sentono in una terra di mezzo, devono sapere invece che vengono visti e le loro emozioni contano.

A volte basta uno sguardo per comprendere che c’è bisogno di un aiuto che vada oltre la calcolatrice o la tavola pitagorica.

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