Daniel è un bambino di 8 anni. Frequenta la classe seconda. È seduto in fondo all’aula: ha una postura un po’ rigida, uno sguardo di cucciolo smarrito e spaventato. A volte sembra perdersi in mille pensieri, altre volte ascolta le lezioni con vivo interesse.
Osserva molto, è intelligente, attento e sensibile; nelle prove scritte i risultati sono decisamente buoni. Eppure non interviene, non alza la mano, non partecipa. Non parla con l’insegnante, né con i compagni.
Durante i colloqui individuali gli insegnanti riportano questo comportamento ai genitori che gli descrivono un Daniel completamente diverso: a casa chiacchiera, è allegro, curioso, fa mille domande. Ma allora perché a scuola è così diverso?
Il sintomo che manifesta Daniel è quello del Mutismo Selettivo che, come spiega la psicoterapeuta Claudia Gorla, è principalmente “un disturbo d’ansia che può colpire i bambini sin dalla prima infanzia, ossia a partire dal loro inserimento in società.”
Il bambino, uscendo dal suo contesto famigliare, si trova a contatto con persone estranee che vengono percepite come potenziali minacce e scatta un meccanismo di difesa; ne consegue un irrigidimento non solo nella capacità di produzione del linguaggio, ma anche delle prassie in generale.
Il mutismo è il sintomo, ma non la causa: è il sintomo di un disagio di ansia che è diverso per ciascun bambino, perché legato ad un proprio vissuto personale. Infatti, abbassando il livello di ansia, anche il mutismo scompare poco alla volta.
Il mutismo selettivo rientra tra quelli che definiamo Bisogni Educativi Speciali (BES): ogni intervento a scuola deve quindi essere affrontato in totale collaborazione tra insegnanti, famiglia e psicoterapeuta. Occorre innanzitutto rispettare con delicatezza i tempi di ciascun alunno, proprio perché le cause scatenanti possono essere molto diverse e comunque legate al vissuto emotivo del piccolo. L’obiettivo principale poi degli interventi non deve essere far parlare il bambino a tutti i costi, ma abbassare il suo livello d’ansia sociale.
Questo perché, per fortuna, il mutismo selettivo si può superare, ma con tempi e modalità che cambiano da un individuo all’altro.
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Come affrontare il Mutismo Selettivo in classe
Come possiamo noi insegnanti spiegare ai nostri alunni perché Daniel non parla? Come evitare che colleghi e compagni inizino a chieder con insistenza al bambino di parlare, di intervenire, andando così ad aumentare il suo livello d’ansia?
In base alla mia esperienza in classe mi sento di consigliare la lettura in classe di un libro di narrativa particolarmente interessante: “Non parlo più ” scritta da Sabrina Mengoni per la collana Albero dei Libri del Gruppo Editoriale ELI .
NON PARLO PIÙ
I temi proposti dal libro sono la conoscenza del mutismo selettivo, ma anche la difficoltà nell’accettare l’aiuto degli altri.
Il libro, tratto dalla reale storia dell’autrice, racconta di Arianna, una bambina che non parla. Il suo silenzio non piace a nessuno: agli amici che non vogliono più giocare con lei, alle insegnanti che si chiedono perché non dice nulla a scuola, a mamma e papà che vivono questa situazione con ansia e la sottopongono a mille visite. Anche Arianna non è felice del suo silenzio: tutti la guardano in modo strano e lei vorrebbe solo essere accettata.
Ma un giorno a scuola, grazie ad una maestra speciale, succede qualcosa di davvero fantastico e tutto cambia; così arrivano anche quelle parole che sembravano non esserci, insieme all’inedita sensazione di avere intorno a lei amici e non estranei!
I bambini come Daniel e Arianna ci danno l’opportunità di imparare che, per usare le parole di Alessandro Baricco, “a volte le parole non bastano. E allora servono i colori. E le forme. E le note. E le emozioni”.