Chi insegna nella secondaria di primo o secondo grado conosce bene quella situazione. Magari stai facendo una bella attività a coppie, i ragazzi si stanno confrontando, c’è energia, partecipazione, voci che si sovrappongono… E poi, a fine ora, arriva la frecciatina del collega: “Ma nella tua classe c’è sempre tutto questo chiasso?”
A quel punto potresti sorridere, cambiare discorso, spiegare. Io, ormai, rispondo con semplicità: “Stanno imparando.”
E non è una risposta ironica, né difensiva. È una constatazione. Perché sì, quando si lavora con modalità comunicative, quando si fa didattica attiva, il rumore esiste. Ma non è disordine. È il suono dell’apprendimento.
Il valore della comunicazione
In classe, la comunicazione non è un optional: è una leva fondamentale per imparare. Non solo quella verbale, ma anche quella non verbale, fatta di gesti, sguardi, espressioni. Quando gli studenti lavorano da soli, apprendono da un’unica prospettiva: la loro. Ma nel momento in cui iniziano a confrontarsi con i compagni, scoprono nuovi punti di vista, nuove soluzioni, nuovi modi di pensare.
Per questo, nelle mie ore, il lavoro a coppie o in gruppo è una costante. Le mie lezioni sono spesso piene di voci, discussioni, scambi: a volte il rumore resta sotto controllo, altre volte si sente anche fuori dalla porta. Ma non è un rumore “vuoto”. È il suono dell’apprendimento attivo.
Quando dico “Stiamo imparando”, intendo proprio questo: che attraverso la comunicazione, anche intensa, gli studenti mettono in moto il pensiero, verbalizzano concetti, argomentano, si ascoltano (più o meno), si rispondono. E in questo dialogo imparano, insieme.
Controllo consapevole
Lasciare che gli studenti parlino non significa sparire dalla scena o abbandonare il controllo della classe. Al contrario: gestire l’interazione è più difficile che gestire il lavoro individuale. Il rischio che una discussione si trasformi in caos è sempre dietro l’angolo.
Il segreto? Non dare ordini “da robot”, ma osservare, guidare, spostarsi con consapevolezza. A volte basta cambiare posizione in aula, dare indicazioni da un angolo diverso, ascoltare discretamente le conversazioni, o scomparire per un attimo, per poi riapparire con una presenza discreta ma chiara.
In questa fase, quando dico “Stiamo imparando”, significa che stiamo imparando a comunicare con rispetto, a restare sul tema, ad ascoltare senza interrompere. All’inizio lo fanno perché “si sentono osservati”. Ma poi diventa abitudine, e imparano a regolarsi da soli, anche quando non li controlli da vicino.
Tecniche utili
Ovviamente, non si può lasciarli parlare dal primo all’ultimo minuto della lezione. Lasciar parlare sempre gli studenti non è professionalità, ma mancanza di regia. Serve equilibrio, e soprattutto, serve sapere quando e come fermare il flusso.
Un grido non aiuterà. Anzi, è il metodo meno efficace. Meglio usare strumenti semplici ma precisi. Io uso due timer: uno per me, per gestire il tempo di ogni attività, e uno per loro, visibile sulla LIM o sullo schermo: “Avete 5 minuti per il confronto.” Quando il tempo finisce, suona il timer, e il cambio di attività diventa naturale.
A volte, però, il timer non basta. Nei dibattiti accesi capita che nessuno ascolti più. In questi casi, la comunicazione visiva è un alleato prezioso. Scrivo alla lavagna:
🛑 Modalità silenziosa: parla il docente, ascoltano gli studenti
Nessuna parola da parte mia. Solo postura, sguardo e fermezza. Funziona, e anche in fretta.
In quel momento, quando dico (o meglio, faccio capire) “Stiamo imparando”, il messaggio è doppio: loro stanno imparando a seguire le indicazioni, io sto imparando a calibrare meglio i miei strumenti di gestione dell’attenzione.
il rumore buono esiste
Una classe rumorosa non è per forza una classe fuori controllo. Può essere una classe viva, pensante, attiva. L’importante è che quel rumore sia senso, e non solo suono.
E ricordiamoci: non imparano solo loro. Anche noi, ogni giorno, stiamo imparando.