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Uno studente su tre non riconosce una fake news

Viviamo un’epoca in cui il nostro rapporto con la tecnologia è sempre più stretto, già a partire dalle prime fasi dell’infanzia.

Con l’uso costante di smartphone e il crescente consumo di servizi, ci si potrebbe aspettare che le nuove generazioni abbiano sviluppato una maggiore consapevolezza. D’altronde, stiamo parlando di nativi digitali.

La realtà è tuttavia abbastanza diversa, come conferma anche un recente report dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Secondo i risultati dell’indagine link esterno, infatti, un giovane su tre non sa distinguere una notizia falsa da una vera.

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Il progetto

La costante diffusione delle fake news è una conseguenza della grandissima diffusione e semplificazione di Internet. Di fronte ad un maggiore uso della tecnologia e degli strumenti digitali, di pari passo dovremmo aspettarci anche una crescente consapevolezza sui rischi e sulle opportunità.

Eppure, la fruizione superficiale dei contenuti porta a non saper più distinguere una notizia vera da una falsa. In fondo, serve una pagina web ben realizzata che cita alcuni dati e li presenta in modo convincente, per rendere verosimile qualsiasi cosa. Spesso basta anche meno.

Parte da questo presupposto il progetto Disinformazione a scuola, ideato dal prof. Carlo Martini dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Si tratta di un’iniziativa che ha l’obiettivo di fornire ai giovani gli strumenti per poter discernere fra scienza e pseudoscienza.

Prima di tutto, però, è necessario capire qual è il livello di consapevolezza digitale dei giovani di oggi, fra risultati attesi e sorprese.

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I risultati

Il report “Disinformazione a scuola” ha coinvolto oltre 2200 studenti delle scuole superiori in Lombardia, con età compresa fra 14 e 19 anni. Questi hanno interagito con un ambiente web simulato, in modo da permettere di comprendere il loro rapporto con il flusso di notizie della rete.

I risultati, tuttavia, hanno evidenziato una situazione preoccupante: un giovane su tre non è riuscito a distinguere le notizie vere dalle fake news. Si tratta di un dato emblematico che tuttavia non si discosta da quello di altre fasce d’età.

Tutto normale, quindi?

Non proprio, dal momento che i cosiddetti nativi digitali, cresciuti con la tecnologia, faticano a riconoscere le informazioni false. Il problema, insomma, non risiede soltanto nella qualità dell’informazione, comunque molto bassa, ma anche nelle capacità di discernimento dei giovani.

combattere la disinformazione

L’indagine sul rapporto fra giovani e fake news è stata il primo passo verso la creazione dell’Osservatorio Permanente sulla Disinformazione Digitale, promosso dal San Raffaele con il sostegno di Havas PR.

Si tratta di un progetto che avrà il compito di monitorare il fenomeno delle fake news e promuovere percorsi formativi appositi per gli studenti. Coinvolgendo anche le imprese che vorranno partecipare. Queste le parole del prof. Martini a proposito:

Lo studio e la lotta alla disinformazione devono necessariamente passare attraverso la collaborazione di tutte le parti sociali, e le aziende sono una componente essenziale di questo processo.

Di fronte al rischio che il consumo continuo di fake news possa alimentare un circolo vizioso con effetti negativi sulle nuove generazioni, è importante fare il primo passo.

Già da un decennio infatti Paesi come la Finlandia hanno predisposto percorsi scolastici per educare i giovani al pensiero critico. L’Italia arriva piuttosto tardi, come ormai tradizione del nostro mondo scolastico, ma ogni momento va bene per costruire il futuro. Soltanto in questo modo sarà possibile formare giovani consapevoli e in grado di usare gli strumenti digitali dell’epoca contemporanea, senza diventarne succubi.

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